DIDATTICADUEPUNTOZERO DIDATTICADUEPUNTOZERO Alberto Panzarasa (a cura di) SCENARI DI DIDATTICA DIGITALE CONDIVISA Il testo nasce dalla collaborazione tra una rete di scuole e un SCENARI DI DIDATTICA gruppo di esperti che, a vario titolo, hanno collaborato con esse in questi anni. DIGITALE CONDIVISA Il rapido cambiamento della società e del mondo del lavoro costringono infatti la scuola a ripensarsi per mantenere la sua efficacia. In questo testo sono proposti interessanti contributi Con contributi di Simone Aliprandi, sull’innovazione didattica, sulle opportunità offerte dalle tecno- logie, sulle opportunità di crescita legate alle reti di scuole e sul- Marco Cau, Riccardo Colangelo, le potenzialità di sviluppo che si possono innescare attraverso Graziano Maino, Maria Aurora Mangiarotti, processi di collaborazione e di condivisione. Alberto Panzarasa, Marzio Rivera Gli autori, professionisti attivi da molti anni in questo campo, of- frono una visione delle tematiche emergenti e delle criticità non solo da un punto vista teorico ma da quello più strettamente A cura di Alberto Panzarasa pratico e operativo. DIDATTICADUEPUNTOZERO ALBERTO PANZARASA Alberto Panzarasa, attualmente Dirigente dell’Istituto Compren- sivo di Via Anna Botto di Vigevano, è Dottore di Ricerca in Fisica e in questi anni ha maturato numerose esperienze di progetta- zione di interventi di innovazione didattica e di dematerializzazio- ne dei sistemi gestionali scolastici. Inoltre è stato ed è promo- tore di numerose reti di scopo, tra cui DidatticaDuePuntoZero, che intendono prefigurare nuovi scenari educativi. 14 euro www.ledizioni.it www.ledipublishing.com DidatticaDuePuntoZero Scenari di didattica digitale condivisa A cura di Alberto Panzarasa Ledizioni I contenuti di questo libro, dove non diversamente specifica- to, sono rilasciati nei termini della licenza Creative Commons Attribution 4.0 il cui testo integrale è disponibile all’URL http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/. I diritti di curatela sul concept del libro appartengono a Alber- to Panzarasa. Ogni autore rimane titolare di tutti i diritti sul proprio contributo. I documenti e commenti inseriti in ap- pendice sono pubblicati ai sensi delle rispettive licenze d’uso o perché si tratta di opere in pubblico dominio. ISBN cartaceo: 9788867055456 ISBN versione ePub: 9788867055463 Il volume è disponibile in Open Access e acquistabile nelle versioni ePub e cartacee a cura di Ledizioni sul sito internet www.ledizioni.it, nelle librerie online o tradizionali. Indice Introduzione e presentazione dell’opera 7 Alberto Panzarasa Come nasce e si sviluppa una rete di scuole per la didattica digitale 9 Marco Cau e Graziano Maino Organizzazione di interventi formativi nel settore della didattica digitale 41 Alberto Panzarasa Osservatorio didattico sulle scuole della provincia di Pavia 57 Maria Aurora Mangiarotti La scuola che comunica 79 Marzio Rivera Il diritto d’autore e le licenze open nell’attività didattica 99 Simone Aliprandi Navigazione online e riflessi penali: spunti per i docenti 123 Riccardo Colangelo Introduzione e presentazione dell’opera La pubblicazione è il frutto di una singolare col- laborazione tra una rete di scuole e un gruppo di esperti. Il testo contiene contributi relativi ad alcune tematiche strategiche per far fronte alla crisi del si- stema scolastico italiano. Il rapido cambiamento del- la società e del mondo del lavoro costringono infatti la scuola a ripensarsi per mantenere la sua efficacia. In questo testo sono proposti interessanti contributi sull’innovazione didattica, sull’utilizzo delle tecnolo- gie a scuola, sulle opportunità di crescita legate alle reti di scuole e sulle potenzialità di sviluppo che si possono innescare attraverso processi di collabora- zione e condivisione di risorse umane e strumenti. Tutto nasce nel 2015 con la costituzione della rete di scuole DidatticaDuePuntoZero (http://www.didat- ticaduepuntozero.it) per concorrere ad un bando di Regione Lombardia “Formazione Insegnanti Gene- razione Web”. Con questa iniziativa le scuole che at- tualmente fanno parte dell’Ambito 30, con l’aggiunta di alcuni Centri di Formazione Professionale, avvia- no un piano strategico di attività di formazione del proprio personale finalizzata all’integrazione delle tecnologie nella didattica. Questa prima esperienza si rivela subito un buon successo: vengono erogati 16 corsi nel territorio pa- vese e formati circa 400 docenti; il percorso si chiu- de col primo convegno DidatticaDuePuntoZero nel mese di maggio del 2016. Alcuni contributi di questa pubblicazione prendono proprio spunto da quegli in- terventi. alberto panzarasa La strada intrapresa continua con una rete più allar- gata, che copre quasi tutta la provincia di Pavia e nel 2016 consente di organizzare tre percorsi formativi per le nuove figure del Piano Nazionale Scuola Digi- tale: gli “Animatori Digitali”. Questa attività consente di rafforzare ed allargare la comunità professionale di docenti esperti, avviando la diffusione di esperienze e buone pratiche in tutte le scuole della provincia. Infi- ne, a partire da gennaio 2017, vengono avviati altri 16 nuovi percorsi formativi con un nuovo finanziamen- to di Regione Lombardia che consente questa volta di approfondire gli aspetti metodologici legati all’utiliz- zo delle tecnologie nella didattica. Personalmente, ritengo che questa raccolta possa essere un utile contributo e stimolo per docenti e di- rigenti per una riflessione e un approfondimento su tematiche di attualità per la scuola italiana. Alberto Panzarasa 8 Capitolo 1 Come nasce e si sviluppa una rete di scuole per la didattica digitale Marco Cau e Graziano Maino 1. Il contesto: la scuola evolve 1.1. La scuola è già cambiata La scuola è già molto diversa dalla rappresentazio- ni stereotipate che circolano. E non si tratta solo del- le modifiche introdotte dalla “Buona Scuola” (legge 107/2015) o delle indicazioni del Piano Nazionale Scuola Digitale. I cambiamenti nella e della scuola sono già in corso e sono strettamente connessi alle consistenti trasformazioni che in questi anni stanno complessivamente investendo la società: la diffusio- ne di massa delle tecnologie, degli strumenti e delle forme della comunicazione digitale; la trasformazio- ne del mercato del lavoro che prevede per le nuove generazioni percorsi di carriera più fluidi e impreve- dibili; i diversi impatti della crisi economica, che ha modificato percezioni e condizioni di vita, stili di con- marco cau e graziano maino sumo, strutture familiari, approcci al sistema educa- tivo, prospettive dei giovani, mobilità delle classi so- ciali (Carlini, 2015). In una società che si trasforma, può restare immobile sistema-scuola? Forse davvero la crisi (nel suo significato etimologico) è una fase decisiva, il momento delle scelte e delle decisioni, un insieme di opportunità per il cambiamento. 1.2. La scuola è un punto di riferimento Sempre più, la scuola sta diventando un punto di riferimento per tutti. La rivista Vita ha dedicato il numero monografico dell’agosto 2016 a “La scuo- la che verrà”, sottolineando che le scuole sono “un cantiere aperto”, proponendo una ricognizione delle principali questioni all’ordine del giorno (alternanza scuola-lavoro, school bonus, laboratori territoriali per l’occupabilità, piano per l’innovazione digitale, aper- ture prolungate ed estive, impegno per contrastare la dispersione scolastica), sollecitando una riflessione sul tema dell’“architettura degli spazi”. Le scuole sono anche protagoniste dei primi due bandi del “Fondo per il contrasto della povertà educa- tiva minorile”, nato da un accordo tra Fondazioni di origine bancaria e Governo (www.conibambini.org). Nei bandi, pubblicati nell’ottobre 2016 e in scadenza tra gennaio e febbraio 2017, le scuole sono indicate come attori chiave nella costruzione di “presìdi edu- cativi” duraturi e sostenibili e di “comunità educanti” che devono coinvolgere famiglie, reti sociali, attori pubblici e privati che vogliano assumersi responsa- bilità educative. Diventano quindi sempre più centrali sia il tema della sinergia tra scuole sia quello della collaborazio- 10 come nasce e si sviluppa una rete di scuole ne tra scuola ed ecosistema territoriale, attraverso la realizzazione di progetti trasversali ai temi e ai setto- ri e nell’ambito di partenariati pubblico-privato-non- profit dei quali, nei prossimi anni, il sistema scolasti- co sarà protagonista. Ora che il tema dei beni comuni non è più conside- rato minoritario, ma è entrato nel dibattito pubblico in cui si parla apertamente di “beni culturali comu- ni”, riconoscendone una rilevanza crescente nella società della conoscenza (De Biase, 2014), è decisivo valorizzare le scuole come commons (sapere come bene comune immateriale, come indica la SIBEC – Scuola Italiana Beni Comuni), che contribuiscono in maniera decisiva a ri-costruire tessuto sociale e cul- tura civica, a consolidare relazioni umane e senso di appartenenza, a favorire coesione sociale in quanto spazio attrattivo di progetti promossi da attori impe- gnati a promuovere il territorio di appartenenza. D’altra parte, ben al di là della loro funzione educa- tiva nei confronti dei giovani, le scuole sono (e saran- no) sempre più un punto di riferimento per tutti i cit- tadini e per le loro comunità di appartenenza, come dimostra l’elevato e crescente indice di fiducia di cui godono nei confronti degli italiani, documentato dal Rapporto annuale Demos&Pi 2015. L’iniziativa Scuole Aperte (progetto promosso dal Ministero dell’istruzione in collaborazione con ANCI e VITA), è un primo grande catalogo dinamico a te- stimonianza di questo rinnovato protagonismo del sistema educativo italiano. Scuole Aperte si presenta così: “Le quarantatremila scuole italiane – prese tutte insieme – sono la più grande infrastruttura sociale del nostro Paese. Le scuole sono dappertutto e dap- pertutto accolgono la sfida della trasmissione del sa- 11 marco cau e graziano maino pere, dell’educazione, dell’incontro tra generazioni, del confronto fra culture e linguaggi. Nulla più della scuola è il bene comune di questo Paese”. La “Scuola” è “Aperta” agli studenti e alle loro fami- glie, al quartiere e al territorio, a tutti i cittadini con particolare attenzione alle comunità straniere e agli alunni con disabilità, al fundraising e ai finanziamenti privati, agli strumenti di rendicontazione sociale, alle nuove tecnologie e alla didattica innovativa, alle espe- rienze di cittadinanza attiva. Le scuole sono viste dun- que come luoghi di aggregazione sociale, fruibili oltre i tempi classici della didattica: il pomeriggio, il sabato, nei tempi di vacanza; sono spazi (come indicato dalla legge 107/2015) dove si organizzano e si potranno svi- luppare – in collaborazione con famiglie, associazioni, organizzazioni del terzo settore e altri attori disponibi- li – attività educative, sociali, ricreative e culturali. Le scuole diventano così davvero beni comuni. 1.3. La scuola è un ecosistema per l’innovazione Per andare oltre la crisi abbiamo un grande bisogno di innovazione. Una qualità che, come dimostrano molti studi, “non si può comprare”, ma che si svilup- pa attraverso tracciati complessi ed anche per “mo- tivazione profonde” degli individui, che coltivano il gusto di “fare qualcosa solo per il piacere di realiz- zarla” (Bergami e Morandin, 2015). Per dare vita a una generazione di giovani innovatori, è necessario dare loro l’opportunità di sperimentare, di sbaglia- re, di cimentarsi in “cose belle e nuove” (Bergami e Morandin, 2015); la scuola deve diventare “tempo del fallimento e dell’inciampo”, di “comprensione del desiderio”, di emersione delle attitudini e delle voca- 12 come nasce e si sviluppa una rete di scuole zioni, luogo di promozione della “bellezza della stor- tura”, che “esige l’eccezione, lo scarto, la divergenza, l’eresia” (Recalcati, 2015). Le scuole sono chiamate a costruire ecosistemi che favoriscano la voglia di fare, di sperimentare, di appassionarsi al nuovo; anche in questo caso, aprendosi ad altri attori: favorendo lo sviluppo di partenariati per obiettivi con imprese, fondazioni e altri partner privati, con i quali sviluppa- re una o più finalità specifiche (promozione di nuovi ambienti di apprendimento attraverso le tecnologie digitali, costruzione di laboratori per la creatività, svi- luppo di metodologie didattiche innovative, esperien- ze di alternanza scuola lavoro qualificanti, soluzioni per la digitalizzazione dell’amministrazione scolasti- ca o della didattica…). 1.4. La scuola è piattaforma di economia collaborativa Se rileggiamo questo contesto contemporaneo at- traverso il paradigma della sharing economy (Aa.Vv., 2015), l’orizzonte si amplia e le prospettive si fanno ancora più interessanti. Le scuole, infatti, possono essere considerate come vere e proprie piattaforme locali di economia collaborativa e di condivisione. In partenariato con enti locali, imprese, organizzazioni sociali e culturali, singoli istituti o reti di scuole pos- sono realizzare progetti “aperti”, utili contemporane- amente ai propri alunni e all’intera comunità: spazi museali evoluti, archivi digitali, biblioteche diffuse (per esempio valorizzando il patrimonio documenta- le e bibliografico di cui molti plessi scolastici dispon- gono); spazi comuni di studio e di lavoro (realizzando coworking aperti sia a studenti sia a professionisti); fablab e laboratori digitali; ristoranti didattici con at- 13 marco cau e graziano maino tività ristorativa aperta al pubblico; luoghi per lo sport indoor e outdoor (fruibili dagli alunni in orario scola- stico e da tutti in qualsiasi altro orario e giorno della settimana); adozione di spazi cittadini abbandonati e/o sotto-utilizzati per la realizzazione di program- mi didattici con ricadute sulla collettività (orti urbani, giardini, aiuole, piccoli beni immobili); organizzazio- ni di eventi simbolici e temporanei (mostre, installa- zioni urbane, eventi in occasione di ricorrenze). La scuola amplia così gli orizzonti della comunità e del territorio. 1.5. La scuola è ricerca sul campo La scuola procede passo dopo passo, lungo molte- plici itinerari e con ritmi asincroni. Tenere conto dei contesti di riferimento, degli ecosistemi e delle loro caratteristiche è decisivo: in alcune situazioni, pro- porre (o addirittura imporre) progetti troppo ambi- ziosi può portare al fallimento frustrante e alla disil- lusione. L’innovazione non deve essere un dovere, ma un piacere; l’ingiunzione a progettare è paradossale (Boutinet, 2014): i progetti, pur avendo bisogno di le- ader, di trascinatori, di mentor, di facilitatori, hanno anche bisogno di consenso, radicamento, supporto e non possono essere forzati dall’alto. E se anche non è necessaria la piena e consapevole adesione di tutti i componenti di un’organizzazione, è certamente im- portante operare con il consenso convinto di un buon numero di persone, in grado di svolgere una funzione di esempio e di promozione. Laddove manchi cultura della progettazione, è importante rompere il ghiac- cio iniziando a realizzare progetti semplici, progetti apripista, puntando a risultati intermedi e a traguar- 14 come nasce e si sviluppa una rete di scuole di raggiungibili. Collezionare una serie di iniziative piccole ma di successo, oltre che a “fare squadra” e a consolidare esperienze e competenze, è anche utile a far crescere la reputazione della scuola nei confronti di altre scuole, di possibili partner e finanziatori, del- le stesse famiglie, creando le condizioni per realizza- re progettazioni più ambiziose e strategiche. 1.6. La scuola è digitale Il 27 ottobre 2015, il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca (Miur) ha presentato il Piano nazionale per la scuola digitale, un documento di indirizzo “per il lancio di una strategia complessi- va di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale”. Il Piano è un “pilastro fondamentale” della legge per la “Buona Scuola” (legge 107/2015). Il pia- no ha valenza pluriennale e intende sistematizzare l’impiego “di più fonti di risorse a favore dell’innova- zione digitale, a partire dai Fondi strutturali europei (PON Istruzione 2014-2020) e dai fondi resi dispo- nibili dalla stessa legge 107/2015”. Le azioni previste si articolano in quattro ambiti fondamentali (stru- menti; competenze e contenuti; formazione; accom- pagnamento) e in trentacinque azioni operative, con l’obiettivo di favorire/costruire/incentivare: accesso e connettività; spazi e ambienti per l’apprendimen- to; amministrazione e identità digitale; competen- ze degli studenti; contenuti digitali; formazione del personale; integrazioni tra scuola digitale, impresa e lavoro. Su questi temi gli istituti scolastici italiani non sono all’anno zero. Anzi, già a partire dal 2008, con il so- 15 marco cau e graziano maino stegno del Miur, sono stati realizzati diversi progetti (www.scuola-digitale.it/elenco-dei-progetti) che han- no contribuito a sedimentare un significativo patri- monio di competenze e strumenti e che hanno pro- dotto e diffuso modelli replicabili e sostenibili. Sul sito Avanguardie Educative, Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa del Miur) raccoglie e sistematizza le numerose espe- rienze di innovazione didattica realizzate nelle scuole. Anche al di là dei programmi promossi e finanziati del Miur, molti istituti, spesso in collaborazione tra loro, hanno dato vita a significative sperimentazioni, sostenute dalle Regioni o da imprese e fondazioni private. La “scuola digitale” si è già sviluppata gra- zie all’iniziativa di reti di scuole formali e informali e di comunità professionali di docenti online e offli- ne, un movimento digitale che è portatore di grande valore innovativo proprio perché nato sul campo, da esperienze bottom-up. Tra gli obiettivi strategici per i prossimi anni, il Miur ha indicato quello della vi- sibilizzazione – anche con il contributo di Regioni, Comuni e Uffici Scolastici Regionali – del grande pa- trimonio di competenze, strumenti e modelli realizzati nell’ambito di questo movimen- to, al fine di non disperderle, di valorizzarle, di ren- derle accessibili e riproducibili. “Le reti che fanno dell’innovazione nella scuola un lavoro permanente – si legge nel Piano nazionale per la scuola digitale – sono numerose […] e di finalità e composizione diversa: da reti afferenti a investimenti pubblici a reti private, ad esempio legate a Fondazioni, passando per reti completamente spontanee ed emer- se dalla volontà dei propri partecipanti, sul territorio o in rete. Queste reti meritano un ruolo nel Piano. 16 come nasce e si sviluppa una rete di scuole Non solo per il loro infaticabile lavoro quotidiano, ma anche per la capacità di innovare continuamente, di spingere in avanti la frontiera della pratica e della pro- fessione, della didattica e quindi dell’apprendimento”. 2. Un’esperienza: reti di scuole per la didattica digitale 2.1. Collaborazione tra reti in provincia di Pavia In provincia di Pavia, dal 2012, due reti informali di scuole sono attive sui temi della didattica digita- le. Operando in modo coordinato hanno sviluppato, principalmente grazie a risorse messe a disposizione da bandi finanziati da Regione Lombardia, iniziative di formazione e di confronto professionale rivolte ai docenti di oltre trentacinque istituti ed enti di forma- zione, con il risultato di creare una importante siner- gia tra scuole pubbliche appartenenti a diversi cicli del percorso scolastico ed enti di formazione profes- sionale regionali. La rete di scuole Pavialearning 2.0 – capofila ODPF Istituto Santachiara di Voghera – è nata per risponde- re ai bisogni formativi legati all’adozione nelle scuo- le, dei nuovi strumenti digitali e delle nuove meto- dologie didattiche ad essi connesse e per costruire e rafforzare una comunità professionale di insegnanti ed esperti. Tra il 2012 e il 2015, nell’ambito di diversi progetti, sono stati coinvolti sedici istituti ed enti di formazione, sono stati realizzati trentacinque moduli formativi, hanno coinvolgendo circa settecento par- tecipanti e attivando una comunità professionale di una trentina di esperti formatori. 17 marco cau e graziano maino La rete di istituti Didatticaduepuntozero – capofila Istituto Comprensivo di via Botto di Vigevano – coin- volge venti scuole di diverso ordine e grado, soste- nendo in questo modo uno scambio di conoscenze e competenze che favorisce la costruzione di un cur- ricolo verticale. La rete incentiva inoltre lo scambio multidisciplinare, coinvolgendo i docenti delle scuole aderenti sia nella fase di progettazione, sia in quella di erogazione della formazione. L’esperienza delle due reti deriva dall’introduzione nelle scuole, dal 2010, di nuovi strumenti didattici e metodi di insegnamento ad essi collegati: lavagne interattive multimediali, netbook e tablet, piattafor- me e-learning, e-book che stavano in quel periodo entrando nelle classi, anche grazie a finanziamenti statali e regionali che ne avevano incentivato l’ado- zione. A fronte di risorse pubbliche messe a dispo- sizione per l’acquisto di questi nuovi strumenti e in presenza di un diffuso entusiasmo di molti docen- ti che coglievano il carattere innovativo – sul piano didattico – di quella rivoluzione tecnologica, erano invece scarse le possibilità offerte agli insegnanti di completare e arricchire la formazione professionale sull’uso dei nuovi dispositivi. Inoltre, la massiccia dif- fusione di quegli apparati aveva fatto emergere nuo- vi problemi sia nella gestione delle reti informatiche di istituto, spesso non ancora idonee a supportare il flusso di dati, sia nella scelta dei software adeguati. Infine, troppo spesso interessanti sperimentazioni e innovazioni, realizzate in singoli istituti, non veniva- no condivise, riconsiderate, migliorate e valorizzate opportunamente, con il rischio di disperdere risorse e opportunità e di non sfruttare il grande valore ag- 18 come nasce e si sviluppa una rete di scuole giunto di una significativa collaborazione tra scuole e tra docenti. Assumendo che la cooperazione tra scuole è es- senziale per condividere idee, competenze, appren- dimenti e soluzioni, le due reti hanno avviato le loro attività per rispondere ai seguenti obiettivi; * formare il personale delle scuole all’uso dei nuovi dispo- sitivi digitali e alle metodologie didattiche ad essi con- nesse; * accompagnare e sostenere nella gestione e nello svilup- po delle reti di istituto; * incentivare collaborazione e cooperazione tra scuole e tra insegnanti; * costruire una comunità professionale di docenti; * condividere e valorizzare le esperienze in corso, nei sin- goli istituti, in provincia di Pavia e con altri territori. Nell’operatività, sono state adottate e promosse me- todologie non tradizionali, con riferimento alla for- mazione, alla costruzione dei programmi formativi, allo sviluppo della comunità professionale. 2.2. La costruzione dei programmi formativi Si è convenuto di rinunciare a una impostazione formativa classica e si è deciso di adottare una didat- tica coinvolgente, collaborativa, personalizzata, orga- nizzata in forma di laboratori di apprendimento: * un docente più esperto conduce il laboratorio con fun- zione di formatore ma adotta una modalità paritaria e cooperativa che chiama in causa le competenze di tutti i partecipanti; 19 marco cau e graziano maino * se necessario, soprattutto in presenza di gruppi nume- rosi, un collega svolge la funzione di co-formatore (men- tor), con l’obiettivo di facilitare il lavoro del gruppo; * i laboratori formativi sono adattabili, condotti cioè tenen- do conto delle specifiche esigenze dei partecipanti e degli istituti scolastici coinvolti; * il laboratorio formativo è luogo di collaborazione e so- cializzazione e crea le premesse per la costruzione di co- munità professionali destinate a mantenersi nel tempo. Invece di progettare i laboratori a tavolino affi- dandosi esclusivamente a consulenti esterni, le reti coinvolgono gli insegnanti delle scuole nella proget- tazione, con modalità partecipativa, dei contenuti della formazione e chiedono, a chi ha competenze da spendere, di mettersi a disposizione come docente. È stato così costituito un gruppo di progettazione formativa, composto dai docenti delle scuole, che opera attraverso incontri plenari in presenza e in pic- coli gruppi a distanza. Per il lavoro a distanza (facilitato anche da colloqui via Skype), si utilizzano due semplici strumenti: * una mailing list su Google Gruppi, per facilitare la co- municazione orizzontale, aperta a tutti i componenti del laboratorio di progettazione; * tabelle e altri strumenti di lavoro su Google Drive, per costruire a distanza a più mani i piani didattici, dando la possibilità a tutti i componenti del gruppo di lavoro di visualizzare in tempo reale le proposte dei colleghi e di inserire le proprie. Le reti agiscono come una comunità professionale: condividendo linguaggio, competenze, modalità or- ganizzative, prospettive di lavoro comuni. Sullo sfon- 20 come nasce e si sviluppa una rete di scuole do, il “professionista riflessivo” (Donald A. Schön, 1993), che nell’operatività, si pone come ricercatore e accresce conoscenze e abilità riflettendo “nel” e “sul” suo agire professionale. 2.3. Verso la costituzione di una rete provinciale formalizzata Nel corso di questi anni, le reti Didatticaduepun- tozero e Pavialearning 2.0 hanno costantemente collaborato tra loro, cogliendo l’opportunità di occa- sioni di confronto e sinergia soprattutto in occasione dell’uscita dei bandi che hanno sostenuto la realizza- zione delle rispettive attività didattiche e di promo- zione culturale. Una collaborazione stretta, che ha portato all’avvio di un percorso comune con i seguenti obiettivi: * far convergere le esperienze delle due reti nella costru- zione di una rete provinciale consolidata e formalizzata, in grado di dare continuità all’acquisizione di risorse per sviluppare ulteriori progetti; * raccogliere in modo integrato i fabbisogni formativi e pianificare azioni congiunte di formazione, aggiorna- mento, accompagnamento, promozione culturale; * favorire lo sviluppo di una comunità professionale allar- gata di docenti ed esperti di didattica digitale e dotarla di adeguati strumenti; * comunicare e dare visibilità al lavoro svolto, per diffon- dere le sperimentazioni e le buone pratiche tra le scuole della rete, alle altre scuole del territorio e per caratteriz- zarsi come modello esportabile in altre aree. 21 marco cau e graziano maino Il tema della possibile formalizzazione della rete resta un’opportunità aperta, che pone interrogativi e intreccia diverse questioni messe a fuoco nel corso della collaborazione: * la governance della rete provinciale e le risorse per il funzionamento (come formalizzare la costituzione della rete? Quali modalità per renderla efficace ed efficiente, mantenendo una struttura molto leggera? Quale gover- nance della rete e quali “regole” e accordi per cogliere al meglio le opportunità che vengono dai diversi bandi? Quali risorse per far funzionare la rete e per darle corpo e contenuti?); * i fabbisogni formativi e le azioni congiunte di formazio- ne e aggiornamento (quali sono i fabbisogni formativi del personale della scuola? Come raccoglierli? Come ri- condurli a percorsi formativi adeguati? Come attivare i percorsi formativi? Con quali modalità e con quali risor- se? Come strutturare percorsi che permettano di acquisi- re competenze immediatamente spendibili?); * gli strumenti di lavoro a distanza e in presenza per lo sviluppo della rete e della comunità professionale: come valorizzare strumenti e laboratori in dotazione ai singoli istituti mettendoli a disposizione della rete? Come dotare la comunità professionale della rete degli strumenti per collaborare e apprendere? Quali strumenti sono disponi- bili? Quali possono essere implementati ad hoc? Come gestirli? Con quali ruoli? Con quali risorse?; * la rete e i suoi stakeholder: comunicare, essere visibili, costruire relazioni, attrarre risorse (come si muove la rete nell’ecosistema? Come può costruire capitale socia- le? Quali sono gli stakeholder? Quali gli interlocutori? Come presentare la rete all’esterno? Con quali strumen- 22 come nasce e si sviluppa una rete di scuole ti? quali risorse si possono attrarre? Quali soggetti posso- no essere partner? Quali finanziatori? 3. Prospettive tra opportunità e sfide 3.1. Le reti di ambito e le reti di scopo La Nota ministeriale 2151 del 7 giugno 2016 fornisce Indicazioni per la costituzione, tra scuole, di reti di ambito e di reti di scopo, da costituire secondo quanto previsto dalla legge 107/2015 (“Buona Scuola”). Le reti di ambito hanno carattere generale, riuni- scono stabilmente tutte le scuole di un definito ambi- to territoriale (sub-provinciale), svolgono una funzio- ne di rappresentanza istituzionale nel rapporto con l’Ufficio Scolastico Regionale e sono pertanto strut- turate e permanenti: comprendendo sia le istituzio- ni scolastiche statali sia le scuole paritarie; svolgono una funzione di raccordo delle finalità comuni a tutte le scuole; assumono le decisioni condivise che costi- tuiscono la cornice entro cui si attuano sia le azioni della rete di ambito nel suo complesso, sia le azioni di eventuali reti di scopo. Le reti di ambito definiscono: * i criteri e le modalità per l’utilizzo dei docenti nella rete; * i piani di formazione del personale scolastico; * le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità; * le forme e le modalità per la trasparenza e la pubblicità delle decisioni e dei rendiconti delle attività svolte. 23 marco cau e graziano maino Le reti di ambito assumono le decisioni attraverso la conferenza dei dirigenti scolastici, che provvedo- no alla designazione dell’istituzione scolastica capofi- la per la durata di tre anni scolastici. Le reti di scopo si costituiscono intenzionalmente tra le scuole, anche oltre l’ambito territoriale di ap- partenenza, per la realizzazione di attività che rispon- dano a obiettivi individuati a livello locale o a priorità nazionali. Sono regolate da accordi di durata variabile e riuniscono le scuole sulla base dell’individuazione di un’area progettuale comune, per rispondere a esi- genze specifiche. Tenendo conto dell’area progettuale di intervento, ogni rete di scopo identifica una scuola capofila, in- dividuata sulla base delle esperienze, competenze e risorse professionali: la rete è tenuta a definire i cri- teri per l’individuazione del capofila di rete, a decli- nare i suoi compiti, a concordare l’articolazione delle diverse funzioni organizzative, nonché le procedure amministrative e quelle relative alla trasparenza e alla pubblicità delle decisioni e dei rendiconti delle attività svolte. Le aree progettuali di intervento sono relative, per esempio: * ai rapporti scuola mondo del lavoro (alternanza scuola lavoro, laboratori per l’occupabilità, educazione all’im- prenditorialità, iniziative che rispondono all’esigenza di sviluppare interessi e inclinazioni nei settori delle arti e dell’artigianato); * al sistema di orientamento; * al Piano Nazionale Scuola Digitale; * all’inclusione e contrasto alla dispersione scolastica; * alla disabilità e inclusione degli alunni stranieri; * all’attività di formazione per il personale scolastico. 24 come nasce e si sviluppa una rete di scuole Coerentemente all’area progettuale definita, ogni rete di scopo predispone un progetto che individui fi- nalità e attività dell’azione comune, definendo le atti- vità istruttorie, di progettazione e di gestione, le risor- se professionali (interne o esterne) da coinvolgere, le risorse finanziarie e la loro ripartizione fra le istitu- zioni scolastiche coinvolte, le attività di monitoraggio. Due cornici istituzionali, due forme di network (reti di ambito e reti di scopo) che richiedono pro- gettualità concordate, governance e coordinamento continui, investimenti professionali riconosciuti e supportati, spazi di sperimentazione, momenti di ri- considerazione delle esperienze condotte e soprattut- to regia fra le prospettive territoriali/strutturali (rete di ambito) e innovative (rete di scopo). Per questo le reti hanno bisogno di cura. 3.2. Le reti hanno bisogno di cura Le reti hanno bisogno di cura: vanno costruite, svi- luppate, mantenute: lavorare in partnership è molto stimolante, ma è certamente impegnativo e può di- ventare faticoso. È stimolante: le reti consentono infatti di consoli- dare collaborazioni leggere ed estemporanee; favori- scono la lettura a più voci dei contesti; permettono di condividere capitale sociale e relazionale; promuo- vono la messa in comune di competenze e risorse; facilitano la costruzione di ecosistemi di progetto coerenti e solidi; consentono di sviluppare appren- dimenti; infine, predispongono alla collaborazione nella realizzazione di progetti e attività interorganiz- zative, intersettoriali, a forte carattere innovativo. 25 marco cau e graziano maino Può diventare faticoso: quando si mira a ottenere posizioni di vantaggio a discapito degli altri; laddove prevalgano autoreferenzialità e visioni parziali; ogni qualvolta si manifestino atteggiamenti strumentali, spartitori, conflittuali; allorché venga meno la fiducia e la volontà di delegare ad altri parte del proprio pote- re; quando non tutte le organizzazioni coinvolte inve- stono con le stesse energie. Affinché si diffondano gli aspetti positivi del lavoro collaborativo, le reti devono essere curate: accompagnate, sostenute, promosse. Un lavoro da non sottovalutare, che richiede la giusta considerazione, oltre a professionalità, competenze, risorse, e certamente un impegno consapevole ed esplicito. Come procedere per costruire reti fondate su co- munità professionali consapevoli e ingaggiate, basate su progetti condivisi e co-progettati, capaci di mante- nersi e produrre ricadute positive e valore aggiunto? Suggeriamo di operare mettendo a disposizione delle scuole coinvolte nella rete occasioni di lavoro di co-progettazione congiunta, spazi di lavoro per idea- re, condividere, mettere a fuoco e sviluppare progetti condivisi, e di assumere oneri e traguardi progettuali in modo condiviso e formalizzato. 4. Proposte per sviluppare reti di scuole e progetti condivisi 4.1. Laboratori formativi di co-progettazione Anche proposte concrete contribuiscono a sostene- re e ad alimentare lo sviluppo di reti di scopo efficaci 26 come nasce e si sviluppa una rete di scuole e a consolidare reti di ambito aperte e curiose verso le novità. Fra queste segnaliamo i Laboratori formativi di co-progettazione, percorsi modulari (declinabili in una serie di incontri, a seconda delle esigenze) che superano la logica della formazione e che si confi- gurano come veri e propri laboratori di lavoro – che coinvolgono docenti disponibili ad investire, prove- nienti dalle diverse scuole coinvolte nella rete – labo- ratori caratterizzati da precisi obiettivi condivisi (in ingresso) e concreti risultati attesi (in uscita). Accompagnato da un facilitatore esterno – che met- te a disposizione tecniche di co-progettazione e che costruisce il setting laboratoriale basato sul project work – il gruppo di lavoro dei docenti coinvolti opera concretamente per rispondere agli obiettivi condivisi in ingresso e per elaborare i risultati attesi. I modu- li di lavoro, definiti in base alle esigenze e all’ogget- to di lavoro, prevedono: idee per rompere il ghiaccio (inquadramenti teorici essenziali sugli argomenti a tema); confronto a partire dalle esperienze dei parte- cipanti (chiamati a mettersi in gioco, condividendo le pratiche realizzate); strumenti operativi (da utilizzare concretamente, in gruppi di lavoro); risultati concreti. Si sperimenta l’uso di strumenti e si sviluppano competenze per la progettazione immediatamente riutilizzabili e spendibili; si prende spunto da que- stioni poste dai partecipanti e si lavora allo predispo- sizione di progetti concreti, proposti nel laboratorio, e realizzabili nelle scuole e nei contesti di riferimento; si alternano momenti di inquadramento teorico ad altri di confronto, applicazione, esercitazione prati- ca; non mancano momenti riflessivi: sia introduttivi, per porsi le giuste questioni, offrire elementi teorici e co-costruire quadri concettuali utili a entrare nel vivo 27 marco cau e graziano maino degli argomenti; sia conclusivi, per ricapitolare, fare il punto, tenere la rotta, rilanciare. Si accompagna lo svolgimento del laboratorio met- tendo a disposizione riferimenti per l’approfondi- mento, strumenti per l’interazione e la co-produzio- ne online, modalità di comunicazione: articoli e link per anticipare argomenti o riprendere riflessioni sca- turite dal lavoro collettivo, documenti di lavoro con- divisi in cloud, storytelling su Twitter e su Facebook. 4.2. Possibili temi per i laboratori I contenuti dei laboratori formativi (le questioni a tema) sono definiti sulla base delle esigenze espresse dalla rete di scuole (non c’è partnership senza proget- to): è importante un oggetto di lavoro su cui misurare la collaborazione. Nella costruzione, sviluppo e manutenzione delle reti ci sono alcuni aspetti ricorrenti, che suggeriamo di prendere in considerazione. Ecco di seguito alcu- ne questioni aperte che possono diventare oggetto di lavoro comune nell’ambito dei laboratori di co-pro- gettazione: * la costruzione della comunità professionale: come co- struire la comunità professionale della rete? Come con- dividere linguaggio, competenze, modalità organizzati- ve, prospettive di lavoro comuni? * il perfezionamento della governance: come rendere effi- cace ed efficiente la governance della rete mantenendo una struttura leggera? Quali “regole” e accordi per coglie- re al meglio le opportunità? 28 come nasce e si sviluppa una rete di scuole * l’emersione dei fabbisogni formativi: come individuare i fabbisogni formativi? Come formularli affinché possano essere affrontati attraverso percorsi formativi adeguati? * l’elaborazione di un programma formativo comune: come attivare i percorsi formativi? Con quali modalità e con qua- li risorse? Come strutturare percorsi che permettano di ac- quisire competenze immediatamente spendibili? * la strutturazione di un calendario di attività condiviso: come co-progettare un piano di attività che valorizzi le scuole, le loro caratteristiche, le loro esperienze e le loro potenzialità? * la condivisione di strumenti e spazi di lavoro: come valo- rizzare strumenti e laboratori in dotazione ai singoli isti- tuti mettendoli a disposizione della rete? Come dotare la comunità professionale della rete degli strumenti per collaborare e apprendere? Quali strumenti sono disponi- bili? Quali possono essere implementati ad hoc? * la definizione di un metodo di lavoro comune: come con- cordare un metodo di lavoro condiviso? Quali strumenti e metodi adottare? Come comunicare, essere visibili, co- struire relazioni, arricchire il capitale sociale e relaziona- le della rete? * la costruzione di partnership progettuali: come allargare le opportunità di collaborazione? Come posizionare la rete nell’ecosistema territoriale? Quali sono gli stakeholder e gli interlocutori? Come presentare la rete all’esterno? * l’individuazione di risorse accessibili: come accrescere la reputazione della rete per attrarre risorse? Come parteci- pare ad avvisi e bandi? Come accedere a finanziamenti? Come collegare diversi finanziamenti per costruire per- corsi alimentati da risorse che ne consentano lo sviluppo? 29 marco cau e graziano maino 4.3. Progetti per mantenere aperti gli spazi di innovazione I laboratori possono essere attivati anche al fine di costruire progetti speciali, da candidare a bandi di finanziamento o da proporre a partner e sponsor. Anche in questo caso la formula è adattabile alle esi- genze espresse e alle energie disponibili. Di seguito un esempio di laboratorio in sei moduli, un modello possibile per un percorso che affronti i diversi nodi del progettare in rete. Modulo 1. Ecosistemi e relazioni Le idee progettuali si generano esplorando e cono- scendo l’ecosistema nel quale l’organizzazione sco- lastica è attiva. Per prendere forma hanno bisogno del confronto con le organizzazioni e i soggetti che hanno interessi in gioco e dell’attivazione di capitale sociale che ne promuova lo sviluppo. Queste le domande alle quali rispondere: quale la- voro per conoscere e interpretare il contesto? Come far fare leva sui punti di forza che esso esprime? Come mettere a fuoco i punti di debolezza? Come valorizzare le opportunità e le disponibilità che l’eco- sistema relazionale esprime? Come coinvolgere, con quali strumenti consolidare le relazioni, la fiducia, l’ingaggio, la propositività? Modulo 2. Problemi e prospettive Mettere a fuoco i problemi (ostacoli? Sfide?) è es- senziale per individuare percorsi praticabili e costrui- re progetti in grado di offrire soluzioni concrete. 30 come nasce e si sviluppa una rete di scuole Queste le domande a partire dalle quali sviluppare confronti e ipotesi di lavoro: quale lavoro prelimina- re per definire i problemi in modo condiviso? Quali strumenti per mettere a fuoco i problemi, stabilire priorità e azioni con maggiori probabilità di succes- so? Come identificare indicatori per leggere cambia- menti e risultati? Modulo 3. Project management Per delineare i tracciati progettuali, curare i progetti in tutte le loro fasi, dall’idea alla realizzazione, dalla messa in opera alla valutazione, fino alla rendiconta- zione sono necessarie soft skill e competenze speci- fiche. Queste le domande oggetto di approfondimenti e confronti: come si passa dall’idea al progetto esecuti- vo, come si costruisce un progetto? Come si gestisce, con quale regia e con quali strumenti di governance? Quali sono le figure chiave e quale lo stile di lavoro? Quali strumenti e quali competenze mettere in gio- co? Quali aperture alla partecipazione e come ricer- care la continuità? Modulo 4. Costruire budget per iniziative e progetti Le risorse sono un ingrediente essenziale e i proget- ti un dispositivo socio-tecnico per aggregarle, combi- narle, utilizzarle, metterle in condizione di produrre impatti. Per questo la perizia nel gestire le risorse è una competenza essenziale. Questi passaggi che potranno essere affrontati: come si definiscono le risorse necessarie per realiz- zare un buon progetto? Quali modalità per indivi- 31 marco cau e graziano maino duare e raccogliere le risorse? Con quali strumenti si costruisce e si gestisce il budget di progetto? Quale relazione tra le risorse necessarie e disponibili e gli obiettivi, le attività e i risultati attesi di un progetto? Modulo 5. Cross-sector partnership I progetti hanno più possibilità di conseguire gli obiettivi prefigurati se sono l’applicazione dell’intel- ligenza collettiva, l’esito di un processo di ricerca, la forma che discende da un dialogo fra interessi, pro- spettive, saperi, desideri, intuizioni, obiettivi diversi. I progetti hanno più possibilità di ottenere i risultati sperati, le risorse di cui hanno bisogno, le energie per innovare se attraversano i confini settoriali, mescola- no nel carte, inventano nuove soluzioni. Per questo è necessario avviare un lavoro di analisi e ricerca: chi sono gli attori disponibili, che ruolo gio- cano, che interessi esprimono? Che relazione inter- corre tra capitale sociale, partnership, ipotesi proget- tuale, finanziatori? Come costruire alleanze e accordi fattivi per accedere alle risorse? Come avviare la ri- cerca delle risorse necessarie per realizzare un buon progetto? Come orientarsi tra le diverse opportunità: bandi, crowdfunding, fundraising, sponsorship? Modulo 6. Project work in partnership Per passare all’azione, abbozzare progetti coerenti e individuare le risorse necessarie, utilizziamo stru- menti specifici, semplici ed efficaci. L’obiettivo è pro- durre semilavorati che facilitino la ricerca di linee di finanziamento rispondenti; dare forma a proposte che possano essere condivise nelle organizzazioni di 32 come nasce e si sviluppa una rete di scuole appartenenza e ulteriormente precisate; abbozzare canovacci da sviluppare alla prima occasione utile. I temi da affrontare sono: come passare dall’idea, elaborata e condivisa, a una elaborazione progettuale declinata e strutturata? Come strutturare la scheda progetto, come articolare il budget? Quale relazio- ne tra scheda progetto, budget, cronoprogramma e responsabilità dei diversi partner? Come adattare il proprio progetto ai bandi e alle altre opportunità di finanziamento? Quali mediazioni tra ciò che si vor- rebbe e ciò che si può concretamente fare? 5. Proposte per reti impegnate a sviluppare didattica digitale 5.1. Misura, complessità, tecnologie digitali La costruzione di reti collaborative fra insegnanti e fra scuole comporta affrontare diverse sfide. Ne se- gnaliamo due. La prima riguarda la giusta misura nelle cose: questione non da poco nella vita delle or- ganizzazioni. Per le organizzazioni e per chi vi lavora essere efficaci, ammettere ridondanze senza eccessi, risparmiare energie, non appesantirsi, adempiere, ottenere ritorni dagli investimenti e dai cambiamen- ti, trovare la giusta via per innovare, sviare i sovracca- richi inutili, focalizzare la propria azione, sono sfide impegnative. La seconda sfida è relativa all’uso delle tecnologie digitali senza venirne travolti, con la capacità di orien- tarsi e di orientare: si tratta di mantenere alta l’atten- zione per l’alfabetizzazione digitale continua (digital 33 marco cau e graziano maino literacy). La disponibilità di software, programmi, app, con investimenti contenuti è elevata. Si tratta di software (e di approcci) per supportare il funziona- mento delle organizzazioni, la collaborazione fra or- ganizzazioni e gruppi di lavoro, il successo della spe- rimentazione di innovazioni operative e didattiche, la formazione e l’aggiornamento, e per ridurre i carichi di lavoro rendendo le incombenze quotidiane meno faticose. Ora le questioni della misura (della capacità di carico per le persone e per i sistemi scolastici) e della eccedente disponibilità di tecnologie digitali (e la loro silenziosa pervasività) sono connesse fra loro e richiedono accortezze e strategie per individuare so- luzioni ad un tempo adattive e performative. 5.2. Approcci integrati: tutorial, archivi web, blog, indagini online La disponibilità di supporti digitali è davvero enor- me. Si va da programmi costosi (che in ogni caso pongono la questione della loro ricezione da parte di chi li deve utilizzare) ad approcci artigianali che ri- chiedono attivazione e intraprendenza e per i quali non mancano supporti web utilizzabili a costi conte- nuti. Proviamo a presentare quattro possibili appli- cazioni di tecnologie per le quali gli ausili web sono facilmente reperibili e che possono aiutare a intrec- ciare reti collaborative per la didattica digitale. Tutorial per sostenere e potenziare l’apprendimento L’insegnamento calibrato sui discenti e (perché no) sulle caratteristiche dei docenti e sul coinvolgimento 34 come nasce e si sviluppa una rete di scuole dei genitori costituisce un orizzonte-guida della pro- gettazione didattica. La didattica non sempre è cali- brata sulle caratteristiche e sulle esigenze, a volte è noiosa, e perciò stesso ancora più faticosa. Anche la formazione e l’aggiornamento professionale stanno cambiando grazie alle potenzialità messe a disposi- zione dalle tecnologie digitali. Quello che le scuole possono proporre e sperimentare sono tutorial brevi da affiancare alle attività in presenza, da proporre in forma di webinar in diretta e in differita. Si tratta di acquisire le competenze per produrre clip brevi ri- ferite a temi e a questioni interessanti per le attivi- tà di formazione dei docenti stessi o da immaginare come una videobiblioteca aperta, rivolta ai discenti. Le tecnologie (a partire da Moodle) consentono di inserire verifiche di apprendimento immediate e of- frono feedback veloci. Si possono introdurre anche vincoli dipendenti dagli esiti della formazione che consentono avanzamenti una volta raggiunti livelli di apprendimento sufficienti (anche Drive propone un tutorial dedicato all’apprendimento delle funzionali- tà del corredo di strumenti proposto da Google e più in generale a sviluppare competenze digitali). Si tratta di tutorial che possono venire prodotti con costi molto contenuti, mettendo a valor comu- ne le unità didattiche già costruite, riprendendole, riformulandole, adattandole e montandole per trar- ne clip di apprendimento. Ciascuna clip può essere corredata da materiali, letture, da questionari di va- lutazione dell’apprendimento, che forniscano anche un resoconto attestativo della formazione effettuata e dei risultati raggiunti. Naturalmente l’introduzio- ne di tutorial e di webinar, la sperimentazione della formazione capovolta anche nei programmi di ag- 35 marco cau e graziano maino giornamento professionale non esclude modalità se- minariali o laboratoriali. Si tratta di opportunità che estendono gli approcci, creano configurazioni varia- bili e integrate (blended learning). Archivio documentale Web Un altro utile supporto potrebbe essere costituito da un archivio di documenti, strumenti e materiali. Un archivio condiviso fra diverse scuole e accessibile con permessi di accesso e di uso differenziati. Diversi template di siti offrono una funzionalità accessibile con password, ma è possibile costruire un sito di ser- vizio con un comune template di WordPress o anche utilizzando Google Drive. Si tratta di mettere a di- sposizione i documenti necessari per svolgere le più svariate attività richieste e offrire la visione d’insieme delle scritture che consentono all’organizzazione di produrre servizi, affrontare la complessità, mantene- re in circolo le informazioni. Blog per favorire documentazione e confronto professionale Una terza opportunità, connessa con le precedenti, deriva dal co-gestire un blog che consenta di condivi- dere esperienze, considerazioni, riflessioni, segnala- zioni, aggiornamenti, ed offra la possibilità di racco- gliere commenti. Si tratta di passare da modalità di diffusione a modalità di condivisione, con l’obiettivo di mettere in circolo conoscenze tacite e stimolare interazioni e apprendimenti esperienziali condivisi supportati dalle tecnologie (Hislop, 2009, pp. 124- 129). 36 come nasce e si sviluppa una rete di scuole Indagini online per monitorare ritorni ed effetti Weick (2012) rimarca che le organizzazioni alta- mente affidabili (HRO) sono quelle che prestano – intenzionalmente e con continuità – attenzione ai segnali deboli, alle evoluzioni impercettibili, ai poten- ziali rischi che potrebbero moltiplicarsi e manifestar- si in forma di eventi inattesi e controproducenti per l’organizzazione. I sistemi organizzativi consapevoli (capaci di affrontare crisi con successo) anticipano, non semplificano, sono attenti a quel che accade sul campo, si fanno resilienti, rispettano le competenze e se ne avvalgono per prendere decisioni efficaci. An- che a scuola c’è l’esigenza di raccogliere informazioni e di mantenere costante lo scambio con i diversi por- tatori di interessi coinvolti in una pluralità di modi. Per assicurare una raccolta mirata e sistematica di informazioni, servendosi di strumenti sostenibili, è possibile effettuare questionari online e raccoglien- do le osservazioni di diversi interlocutori. Le indagini online consentono di raccogliere in progress infor- mazioni, di alleggerire il lavoro di acquisizione di fe- edback e di mantenere desta l’attenzione. 5.4. Innovazione impercettibile, alfabetizzazione digitale e gestione delle conoscenze Ricapitolando le proposte operative alle quali ab- biamo accennato, possiamo osservare che esse con- dividono elementi di metodo già richiamati nei pre- cedenti paragrafi : * sperimentare nuove modalità di lavoro in aree e con pro- getti definiti; 37 marco cau e graziano maino * ricercare strategie per introdurre strumenti efficaci, utili e sostenibili; * proporre ai gruppi di lavoro e alle scuole possibilità nuo- ve per il loro contesto se possibile già sperimentate; * valutare con onestà impatti e ritorni ottenuti grazie all’u- tilizzo di nuove tecnologie nei processi di lavoro e negli esiti didattici. La rappresentazione che Weick (2012) offre delle organizzazioni viste come sistemi instabili e in evo- luzione, esito di continui cambiamenti impercettibili e temporanei, fanno intravedere opportunità di aper- tura innumerevoli e spazi per orientare le trasfor- mazioni silenziose che investono le organizzazioni. Nelle organizzazioni vi sono competenze latenti, non riconosciute e non condivise; si tratta a volte di competenze parziali, localizzate, specifiche, che se valorizzate potrebbero costituire una base di parten- za per aggiornamenti finalizzati e abilità capaci di aiutare trasversalmente l’organizzazione a sviluppare evoluzioni utili. In un certo senso si potrebbe affer- mare, seguendo le riflessioni di Rheingold (2010), che mentre le singole persone stanno rapidamente acquisendo abilità tecniche (skills) di base in campo digitale (si pensi alla diffusione degli smartphone e dei social media) ciò che difetta sono le competen- ze diffuse (social media literacies), competenze più riflesse ed estese che si formano a partire da cogni- zioni e abilità di base. In certo modo è come se le organizzazioni non fossero consapevoli del potenzia- le evolutivo posseduto dalle persone che vi operano e non fossero in grado di proporne valorizzazioni volte a creare condizioni di lavoro migliori e al tem- po stesso capacità personali, relazionali e produttive 38 come nasce e si sviluppa una rete di scuole più efficaci (Hislop, 2009). Mettere a valore anche nella scuola le aperture non sempre riconosciute, le competenze diffuse ma non espresse, la domanda di competenze tecnico-sociali, le possibilità che si intra- vedono è un lavoro complesso. Forse affrontabile con maggiori speranze di successi duraturi e diffusi se più scuole danno vita a reti intese accordi interorga- nizzativi, come network professionali e comunità di apprendimento dalle pratiche. Per approfondire Aa.Vv., La sharing economy. Come funziona l’innova- zione sociale e che cosa ci possiamo fare, in “Nòva – Il Sole 24 Ore | Lezioni di futuro 4”, dicembre 2015. Aa.Vv., La scuola che verrà, in “Vita”, agosto 2015 Bergami M. e Morandin G., L’innovazione fattore decisivo per creare sviluppo, in “Il Sole 24 Ore”, 13 di- cembre 2015. Boutinet J., Psychologie des conduites à projet, PUF, 2014. Carlini R., Come stiamo cambiando. Gli italiani e la crisi, Laterza, 2015. Cau M., Maino G, Progettare in partnership, Maggio- li, 2017 De Biase L., Pubblico e privato nel terzo millennio, in “Obiettivo comune”, a cura di M. Parmigiani e Vacca- ri, Edizioni Ambiente, 2014. Hislop D., Knowledge Management in Organizations, Oxford, 2009. Recalcati M., L’ora di lezione. Per un’erotica dell’inse- gnamento, Einaudi, 2015. 39 marco cau e graziano maino Rheingold H., Attention and Other 21st-Century So- cial Media Literacy, in “Educause Review”, 1o ottobre 2010. Schön D. A., Il professionista riflessivo, Dedalo, 1993. Tsoukas H., Chia R., On Organizational Becoming: Rethinking Organizational Change, in “Organization Science”, 13-5, 2002, pp. 567-599. Weick K. E., Making Sense of the Organization, Vo- lume 2: The Impermanent Organization, John Wiley & Sons, 2012. 40 Capitolo 2 Organizzazione di interventi formativi nel settore della didattica digitale Alberto Panzarasa 1. Introduzione Per comprendere l’importanza della mappatura delle competenze all’interno del sistema scolastico è bene ricordare alcuni passaggi fondamentali degli ultimi anni. Da un lato la redazione del Piano Triennale dell’Of- ferta Formativa costringe le scuole a ragionare in ter- mini di progettualità a medio termine; dall’altro il si- stema di autovalutazione delle istituzioni scolastiche, costituito dal Rapporto di AutoValutazione (RAV) e dal Piano di Miglioramento (PdM) propongono alla scuola un sistema che porta a individuare punti di forza e di debolezza e a costruire percorsi che pun- tano al miglioramento, stimolando il confronto tra scuole e la condivisione. In questo contesto si inserisce il Piano Nazionale Formazione Docenti, in cui appare evidente come si alberto panzarasa voglia riportare al centro del sistema scolastico la pro- fessionalità del docente. In ogni sistema, sia esso pubblico o privato, la for- mazione del personale è fondamentale per il miglio- ramento delle prestazioni e delle performance. Le risorse economiche stanziate, pertanto, richiedono alle scuole una pianificazione e una progettazione di interventi formativi che sia funzionale al migliora- mento dell’istituzione scolastica e delle professiona- lità dei singoli docenti. Per questo diventa importan- te una riflessione che parta da dati concreti e porti a mappare le competenze dei docenti di un istituto per progettare un piano di formazione d’istituto che sia prima di tutto efficace. Le fasi che si richiedono per la progettazione e l’ero- gazione di un intervento formativo sono le seguenti: 1. analisi dei fabbisogni formativi; 2. mappatura delle competenze; 3. progettazione e pianificazione delle attività formative; 4.individuazione del profilo del formatore e mappatura delle risorse di formazione; 5. orientamento per i docenti ai percorsi formativi; 6.gestione delle attività formative; 7. monitoraggio e rendicontazione. Nel seguito di queste pagine verranno trattate tut- te le fasi, partendo anche dall’esperienza concreta di questi anni nella rete DidatticaDuePuntoZero. L’articolo qui proposto non ha la volontà di offrire certezze in un tema così complesso come l’efficace organizzazione della formazione d’istituto. Tuttavia vuole mettere in evidenza alcune buone pratiche e un modo di procedere che evidenzi con ordine tutti 42 organizzazione di interventi formativi gli step necessari per una efficace organizzazione e pianificazione. 2. Analisi dei fabbisogni formativi L’analisi del fabbisogno deve essere l’incontro di due punti di vista: * quello dell’istituzione scolastica i cui obiettivi e le cui pri- orità emergono dal RAV e dal PdM; * quello dei docenti, con i loro interessi e la loro motiva- zione. Occorre quindi agire su due livelli: la scuola e i do- centi. I dati possono essere raccolti somministrando due tipologie di questionari: uno rivolto alle scuole, di seguito denominato questionario scuola, e uno aperto ai singoli docenti, di seguito denominato que- stionario docenti. Da un lato, la scuola deve mirare a percorsi di for- mazione che vadano incontro alle priorità definite nel RAV. Nel caso in cui i percorsi di formazione ven- gano realizzati in rete con altre scuole è opportuno raccogliere le priorità di miglioramento dei diversi istituti e analizzare i dati raccolti. Nel questionario scuola è importante che vengano rilevati i seguenti elementi: * scheda anagrafica dell’istituto con dati dirigente e dati referente; * descrizione priorità e traguardi per l’Istituto; * area di formazione a cui l’istituto è interessante, in que- sto si può far riferimento alle nove aree inserite nel piano nazionale di formazione che coprono sufficientemente tutte le necessità: 43 alberto panzarasa * autonomia organizzativa e didattica; * didattica per competenze, innovazione metodologica e competenze di base; * competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendi- mento; * competenza di lingua straniera; * inclusione disabilità; * coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile glo- bale; * integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale; * scuola e lavoro; * valutazione e miglioramento. il coinvolgimento di tutta la comunità scolastica. Occorre effettuare poi l’analisi dei dati, in cui è im- portante: * Evidenziare quali sono le priorità comuni a più istituti; * Evidenziare le aree di formazione a cui gli istituti sono più interessati in modo da investire una maggiore quan- tità di risorse; * Distinguere i dati per tipologia di scuola, almeno tra Isti- tuti Comprensivi e Scuole Secondarie di Secondo Grado. Per i docenti possono essere proposti questiona- ri chiedendo a quali delle aree tematiche del Piano Nazionale Formazione Docenti sono maggiormente interessati e dove sarebbero interessati a frequenta- re i corsi. Questi due aspetti sono fondamentali per la buona riuscita dell’intervento formativo perché aiutano da un lato a individuare le sedi dei corsi di formazione e dall’altro a evidenziare le tematiche di maggiore interesse. Il modo più semplice per racco- 44 organizzazione di interventi formativi gliere i dati è utilizzare un modulo online creato per esempio con Google Form distribuendo il collega- mento via mail o tramite un sito web. I dati provenienti dal questionario scuola e da quel- lo per i docenti fanno emergere punti di vista diversi, sono entrambi importanti e diventano il punto di par- tenza per la pianificazione delle attività formative che deve essere una intersezione ragionata dei risultati ottenuti. E’ importante sottolineare che, con l’auto- nomia, scuole diverse possono tendere o privilegiare competenze diverse del personale. 3. Mappatura delle competenze La mappatura delle competenze è il processo attra- verso cui si rilevano, gestiscono e sviluppano le com- petenze del proprio personale in connessione con gli obiettivi e l’organizzazione dell’Istituto. Gli scopi sono diversi: da un lato l’individuazione di compe- tenze specifiche, dall’altro l’individuazione di criticità e di necessità. Premesso che la mappatura è sicuramente funzio- nale a una buona organizzazione di un piano di for- mazione, resta il problema di come realizzarla all’in- terno di una scuola. A mio modo di vedere l’unica strada percorribile appare quella dei questionari. E’ importante anche mettere in risalto le differenze tra analisi del fabbisogno formativo e mappatura delle competenze. Infatti, mentre l’analisi del fabbisogno formativo va a indagare le necessità e i settori in cui vi è richiesta di formazione, la mappatura delle com- petenze va a indagare quali sono le competenze in essere tra i docenti e di conseguenza quali mancano 45 alberto panzarasa o sono scarse in modo da definire un efficace piano di formazione. Per chiarire con un esempio, se vogliamo fare una mappatura delle competenze sull’utilizzo della LIM nella didattica tramite questionario potremo sempli- cemente porre le seguenti domande: Utilizzi la LIM? Si/no Come utilizzi la LIM nella didattica in classe? - Per vedere filmati - Come lavagna - Con Software interattivi In questo modo avremo informazioni sulla neces- sità di avviare una formazione sull’utilizzo della LIM e potremo anche pianificare i contenuti del corso, prevedendo all’occorrenza un corso base e uno più avanzato. 4. Progettazione e pianificazione delle attività formative Un altro aspetto da valutare con attenzione è la struttura da dare alle attività formative, infatti da essa dipende l’efficacia e l’impatto che avranno sul sistema scolastico. Le tipologie di intervento possono essere: seminariali, percorsi in modalità e-learning, in presenza o blended (ovvero misti). La scelta sulla tipologia è strettamente dipendente dai risultati che si vogliono ottenere. I convegni o gli workshop condotti da esperti sono spesso diretti a una assemblea anche vasta e hanno in genere un buon impatto sulla motivazione dei do- centi; il limite è la breve durata e la mancanza di una 46 organizzazione di interventi formativi effettiva collaborazione tra esperto e comunità dei docenti che porti a una effettiva crescita. I percorsi di e-learning, per essere efficaci, devono curare diversi aspetti: * la qualità elevata dei materiali proposti; * il tutoring per garantire un minimo di consulenza al per- corso che si svolge; * la produzione di materiali da parte dei corsisti con valida- zione da parte dei docenti. I percorsi formativi in presenza o comunque blen- ded, ovvero con momenti di formazione online e altri in presenza, hanno il grosso vantaggio di aumentare l’efficacia del percorso formativo con l’esperto che ef- fettivamente può diventare oltre che formatore punto di riferimento per i docenti. Il Piano di Formazione Nazionale insiste molto sul fatto che i corsi devono essere strutturati in Unità Formative. Di esse non viene definito il monte ore, tuttavia vengono specificate con precisione le carat- teristiche: * Auto consistenti; * Strutturate con incontri in presenza; * Articolate in modo da prevedere attività di confronto/ri- cerca fra docenti (dello stesso istituto, di istituti diversi, dello stesso grado o di ordini diversi); * Strutturate in modo da prevedere una fase di sperimen- tazione, preferibilmente con un prodotto e una docu- mentazione (documentazione di processo). Tuttavia, come dicevamo, nel documento ministe- riale non sono specificate le ore per le Unità Forma- tive. Una buona scelta è utilizzare come modello lo 47 alberto panzarasa standard dei Crediti Formativi Universitari (CFU), in cui ad ogni CFU corrispondono 25 ore di lavoro, ov- vero includendo diverse tipologie di attività. Il percorso formativo sarà quindi costituito non solo dalle attività in presenza, ma da tutti quei mo- menti che contribuiscono allo sviluppo delle com- petenze professionali e che possono comprendere: formazione a distanza, sperimentazione didattica do- cumentata e attività di ricerca/azione, lavoro in rete, approfondimento collegiale e personale, documenta- zione e forme di rendicontazione con ricaduta nella scuola, progettazione ecc. A titolo di esempio possibili strutture delle Unità Formativa sono mostrate nella tabella seguente. Lezioni in presenza Produzione dell’elaborato Lavoro online o a con attività di finale o di gruppi funzionale ricerca-azione, documentazione, con alle lezioni laboratorio, validazione da parte del in presenza sperimentazione formatore/tutor 10 ore 7 ore 8 ore 10 ore 10 ore 5 ore 12 ore 6 ore 7 ore 12 ore 8 ore 5 ore 12 ore 9 ore 4 ore È molto importante sottolineare che i percorsi, per essere completi, devono avere una ricaduta diretta sulla didattica e favorire la produzione e la diffusione di materiali e buone pratiche. Proprio per questo è sempre un valore aggiunto l’individuazione di biso- gni comuni a più scuole e l’erogazione di corsi a cui possono accedere docenti di più istituti, proprio per favorire l’impatto e o scambio di professionalità tra 48 organizzazione di interventi formativi scuole. Una riflessione molto importante è sul nu- mero di iscritti: non è consigliabile infatti aprire corsi a più di 25 iscritti in quanto i momenti in presenza diventano difficilmente gestibili con efficacia. Per la pianificazione degli interventi formativi è op- portuno avere degli strumenti che siano funzionali al corso, tra questi è opportuno ricordare: * uno spazio web: può essere un sito web di riferimento se si parla di corsi organizzati in rete con altri istituti o una semplice pagina web per iniziative formative di istituto. Il vantaggio di avere uno spazio web pubblico risiede sia nella pubblicizzazione dei corsi, sia nella pubblicazione dei materiali del corso; * una piattaforma per la formazione online: è importante ricordare che esistono molte piattaforme gratuite facil- mente attivabili, per esempio Dokeos, Google Classro- om, Docebo… Per i percorsi blended, ovvero misti, può essere suf- ficiente una piattaforma snella con pochi strumenti ma efficaci. Per esempio sono elementi essenziali: * la descrizione del percorso; * gli avvisi o un calendario attività; * i documenti in cui il docente può inserire dei materiali; * un’area elaborati in cui i corsisti possono caricare i ma- teriali; * un forum di interazione tra gli utenti; * uno spazio per i docenti per condividere materiale. L’integrazione nei percorsi formativi di spazi per la condivisione di materiali prodotti dai docenti e la loro diffusione è una pratica sempre da promuove- re. Questo infatti è uno dei punti di debolezza del 49 alberto panzarasa sistema scolastico italiano; spesso abbiamo docenti che producono materiali pregevoli e spunti didattici notevoli ma manca lo spirito di condivisione e riuti- lizzo di materiali; occorre quindi fornire strumenti ai docenti per favorire questa buona pratica: ciò che viene condiviso non è perso o rubato, semplicemente viene valorizzato. 5. Individuazione del profilo del formatore e mappatura delle risorse di formazione La definizione del profilo del formatore parte ov- viamente dalla descrizione dei contenuti del corso e dalle sue modalità di erogazione. Per la selezione del profilo, sempre più frequentemente, a fronte del- le normative vigenti, si opta per l’avviso pubblico di selezione di esperti piuttosto che per l’affidamento diretto. Una fase cruciale per la selezione di esperti diventa allora l’individuazione dei titoli e delle espe- rienze professionali che nell’avviso pubblico in gene- re sono così raggruppati: * titoli di studio e culturali, tra cui i titoli di studio e gli attestati di partecipazione ad attività formative; * titoli professionali, tra cui esperienze come formatore e tutor andando a distinguere nei punteggi assegnati tra le attività inerenti la tematica per cui si presenta domanda e le altre tematiche; * altri titoli, tra cui per esempio pubblicazioni e interventi a convegni; * Per una buona predisposizione dell’avviso pubblico è importante una attenta riflessione sui punteggi da asse- gnare ai titoli in modo da privilegiare alcuni profili che si ritengono più adatti alla tipologia di corso. 50 organizzazione di interventi formativi Ovviamente è importante, prima di procedere a una selezione di esperti, effettuare una mappatura delle risorse di formazione interne all’istituto o alla rete di istituti. Questa operazione a volte non è così sempli- ce nella scuola italiana, purtroppo caratterizzata da una scarsa cultura della ‘professionalità docente’. Per l’individuazione di risorse esterne, invece, una opportunità interessante, oltre all’avviso pubblico, può essere la stipula di convenzioni con enti accredi- tati o università. 6. Orientamento per i docenti ai percorsi formativi La fase di orientamento dei docenti alla formazione è una delle più delicate ma anche più complesse. È difficile e poco produttivo imporre attività formative o forzare i docenti. La direzione da percorrere è quel- la della chiarezza e della semplicità nella comunica- zione. Qui di seguito alcuni spunti per una efficace organizzazione. - Comunicazione della struttura del corso o di tutto il catalogo dell’offerta formativa: a titolo di esempio, nella tabella di seguito viene proposta la possibile struttura per comunicare i contenuti di un corso. Come si può vedere vengono esplicitati in modo mol- to chiaro: il titolo, il target, le ore e le modalità in cui vengono erogate, i contenuti, le competenze in usci- ta, l’output prodotto. 51 alberto panzarasa Area tematica Titolo Didattica laboratoriale delle Scienze Target Secondaria di primo grado e biennio superiori 12 ore in presenza, 10 ore online, 3 ore di produ- Struttura corso zione materiale Contenuti: Competenze in uscita: Realizzare una attività laboratoriale interdiscipli- Output prodotto: nare per la propria classe - Comunicazioni chiare sulle modalità di accesso ai corsi, mediante circolari o e-mail rivolte direttamente ai docenti - Individuare referenti scolastici per le attività di formazione - Una pagina social, facebook o twitter, può esse- re utile a promuovere le iniziative di formazione e le iscrizioni ai corsi - Un canale telegram può essere uno strumento estremamente efficace per la comunicazione 7. Gestione delle attività formative La prima cosa da organizzare con chiarezza e tra- sparenza è la gestione delle iscrizioni; le modalità sono essenzialmente due: * pubblicare un modulo online, per esempio con google form; * raccogliere le iscrizioni in forma cartacea o via e-mail in segreteria. Il modo sicuramente più snello è il modulo onli- ne, tuttavia anche nel caso di questa scelta diventano 52 organizzazione di interventi formativi importanti alcuni accorgimenti soprattutto se il corso è in rete con altri istituti. Prima di tutto la pubbliciz- zazione del modulo di iscrizione: può essere comu- nicato il link ai docenti per esempio tramite e-mail oppure pubblicandolo sul sito della scuola; per corsi in rete con altri istituti può essere importante una e-mail alle segreterie di tutte le scuole in modo da diffondere in modo capillare l’informativa. Sempre con lo scopo di diffondere al meglio le ini- ziative può essere una scelta vincente creare una pa- gina social (facebook o twitter) in cui possano essere comunicati link a moduli di iscrizioni a corsi o con- vegni e diffusione nel territorio di iniziative di vario tipo. Un altro strumento è la creazione e l’utilizzo di un canale Telegram in cui possono essere messi dei comunicati stampa. Occorre poi predisporre un registro di raccolta pre- senze cartaceo oppure online e predisporre un siste- ma di creazione e distribuzione dei certificati. Anche in questo caso è opportuno informatizzare tutte le procedure; raccogliendo i dati essenziali degli iscritti con un google form, per esempio, si hanno a dispo- sizione tutti i dati dei corsisti in formato tabellare e diventa molto semplice aggiungere le ore di presenza e con una stampa unione predisporre gli attestati. 8. Monitoraggio e rendicontazione Le attività devono poi essere rendicontate e monito- rate. Per il monitoraggio devono essere predisposti dei questionari che vadano a indagare le seguenti aree: * soddisfazione sul formatore; * soddisfazione sull’organizzazione; * soddisfazione sul percorso nel suo insieme. 53 alberto panzarasa Per migliorare la qualità della proposta formativa è utile registrare anche le criticità ed i punti di debolez- za, quindi per esempio può essere utile uno spazio per note e suggerimenti. Qui di seguito a titolo di esempio viene riportato un questionario. Sezione 1. Servizi di formazione 1. All’inizio del corso, gli obiettivi ed i contenuti sono stati presenta- ti in modo adeguato? 2. Rispetto agli obiettivi del corso i contenuti sono stati coerenti? 3. La preparazione dei docenti Le è sembrata adeguata rispetto alle aspettative sul corso? 4. Si ritiene soddisfatto dell’approccio alla didattica e della disponi- bilità dimostrata dal docente? 5. Ha ritenuto soddisfacente l’organizzazione del corso (es. orari, durata, assistenza)? 6. Ha ritenuto soddisfacente la logistica del corso (aule, materiali didattici, attrezzature)? 7. In generale, si ritiene soddisfatto della qualità dei servizi erogati dalla sede di corso? Sezione 2. Soddisfazione generale 8. Giudica il servizio di cui ha fruito nel suo complesso soddisfacente? 9. I servizi fruiti all’interno del percorso sono coerenti con le aspet- tative e gli obiettivi da Lei prefissati? 10. Ripensando alle motivazioni iniziali che L’hanno spinta a parte- cipare al corso, ritiene di avere ottenuto i risultati che si attendeva? Sezione 3. Motivazione alle risposte negative e suggerimenti Nota: Dopo la raccolta dati è necessario effettuare una analisi dei dati che, a titolo di mero esempio, può se- guire due vie: 54 organizzazione di interventi formativi * La produzione di grafici relativi ad ogni domande; * Il calcolo del valore medio del punteggio attribuito ad ogni domanda. Infine, è opportuno elaborare un breve report del percorso che può essere utile per la rendicontazione finale che deve avere una duplice valenza: da un lato un commento al percorso svolto dall’altro una rendi- contazione economica. 9. Commenti e conclusioni Una buona organizzazione e una attenta progetta- zione della formazione del personale docente sono indispensabili per il miglioramento del nostro siste- ma scolastico. Il forte cambiamento nella società e i risultati nei livelli di apprendimento degli alunni, impongo- no la necessità di ripensare e rinnovare la didatti- ca e gli ambienti di apprendimento. Le classi sono oggettivamente più complesse e disomogenee ri- spetto al passato; questo mette a volte in difficoltà i docenti nella gestione delle lezioni, mentre il si- stema scolastico italiano risulta nel suo complesso poco efficace nella personalizzazione dei percorsi. Inoltre, la scuola italiana si appoggia tuttora su me- todi molto tradizionali: la lezione frontale è ancora una delle metodologie più utilizzate e i risultati otte- nuti non sono più adeguati. Proprio con queste premesse, la formazione dei docenti può essere la chiave per innescare un miglio- ramento del sistema scolastico italiano, trasferendo e condividendo nuove competenze che consentano al docente di poter gestire i momenti didattici con 55 alberto panzarasa diverse metodologie in modo da adattarsi alla clas- se. Da un lato un aiuto può venire dalla padronanza nell’utilizzo degli strumenti tecnologici, spesso non pienamente sfruttati, dall’altro serve una riflessione sul metodo di insegnamento e sulla gestione della classe. Per approfondire Piano Nazionale Scuola Digitale: http://www.istru- zione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd- layout-30.10-WEB.pdf Piano Nazionale Formazione Docenti 2016-2019: http://www.istruzione.it/allegati/2016/Piano_For- mazione_3ott.pdf 56 Capitolo 3 Osservatorio didattico sulle scuole della provincia di Pavia Maria Aurora Mangiarotti 1. Introduzione Le domande che più frequentemente mi sono sen- tita porre nella mia attività di formatrice sono: “Come usare le tecnologie perché i ragazzi siano protagoni- sti?”, “Come rendere più efficace il rapporto con gli studenti e le loro famiglie?, “Come trasformare gli stu- denti in fruitori consapevoli del sapere e in autori ma- turi, facendoli crescere in cultura e in competenze?” Come docenti dobbiamo metterci in gioco, avere un atteggiamento aperto verso l’innovazione e cer- care una propria via verso il cambiamento, ma anche gli studenti devono intraprendere una nuova stra- da; Castoldi afferma che “gli studenti devono cam- biare mestiere” ossia devono farsi protagonisti attivi del proprio apprendimento, investendo nella scuola energie, tempo e risorse. Non c’è più spazio per un at- teggiamento passivo, per un comune e semplificato- rio modo di pensare in cui l’insegnante deve spiegare maria aurora mangiarotti e lo studente ascoltare, l’alunno deve assumere un ruolo attivo e di primo piano nel processo di appren- dimento, con il supporto dell’insegnante e con la consapevolezza che lo studio è impegno, sforzo, sfide da vincere. Si tratta di un mutamento culturale per i giovani, che i docenti devono sostenere e accompa- gnare, assumendo un ruolo di facilitatori e tutor. Gli insegnanti devono essere consapevoli di queste dinamiche e motivati ad intraprendere percorsi di sviluppo professionale per affrontare le nuove sfide che l’insegnamento pone. Occorre una profonda riflessione sul proprio modo di insegnare, lo studio, l’analisi di esperienze e di pratiche già sperimentate nell’istituto o disponibili in rete, il confronto continuo e azioni efficaci di forma- zione. La strada non è certamente senza ostacoli, ma i docenti sanno di poter contare su molteplici sup- porti: la rete offre risposte grazie ai numerosi gruppi di insegnanti che condividono problemi e soluzioni, ma anche la comunità scolastica, i colleghi, possono essere fondamentali nel supportare e accompagnare il cambiamento. In particolare la figura dell’Animatore Digitale, in- trodotta nelle scuole dal Piano Nazionale Scuola Digi- tale, ricopre un ruolo strategico: quasi tutti quelli che ho incontrato hanno in comune le seguenti caratte- ristiche: sono molto motivati, aperti alla sperimenta- zione e alla ricerca didattica. Il loro ruolo impone di stimolare e sostenere i colleghi, essere promotori del cambiamento, monitorare i processi e considerare gli errori come opportunità di miglioramento e par- te naturale della sperimentazione. Sono una risorsa preziosa per le nostre scuole. 58 osservatorio didattico sulle scuole 2. Il questionario: obiettivi, struttura e target Questo report propone una analisi dei risultati di questionari proposti agli animatori digitali della pro- vincia di Pavia al termine del percorso formativo da loro intrapreso. Si è pensato di proporre loro un que- stionario per ottenere “una sorta di fotografia” del- la situazione delle scuole pavesi relativamente alle infrastrutture, alla didattica, alle risorse umane in possesso di specifiche competenze e ai bisogni emer- genti in tema di sviluppo professionale, in modo da avere da un lato una mappatura negli istituti della provincia, dall’altro interessanti estrapolazioni sulla situazione italiana. L’obiettivo principale della ricerca è raccogliere ele- menti che aiutino a comprendere il contesto e ad elaborare alcuni indicatori utili per pianificare azioni di sostegno alla formazione, all’insegnamento, alle politiche di governance della rete pavese in una pro- spettiva di collaborazione e condivisione. La rete vede associati 22 istituti scolastici, un numero davvero consistente per la provincia di Pavia e i corsi attivati sono stati frequentati da circa 50 animatori digitali, praticamente la totalità per la provincia. Il questionario è stato proposto a tutti i corsisti in forma anonima per permettere una maggiore libertà nelle risposte. Hanno compilato il questionario 48 docenti, pari all’85% della popolazione degli Anima- tori Digitali della provincia. L’indagine condotta affronta diverse tematiche e il questionario è composto dalle seguenti sezioni: A. anagrafica B. infrastruttura tecnologica C. integrazione ICT nella didattica 59 maria aurora mangiarotti D. risorse umane e buone pratiche E. bisogni formativi dei docenti Qui di seguito verranno analizzate le sezioni. 3. Sezione A: Anagrafica Un primo indicatore interessante è la distribuzione degli animatori digitali per ordine di scuola: 37,5% sono di scuola secondaria di primo grado, 37,5% di secondaria di secondo grado, 22,9% di scuola prima- ria ed il restante 2,1% dell’infanzia. Per quanto riguarda la disciplina insegnata, i do- centi si distribuiscono per circa ⅓ nell’area linguisti- ca, ⅓ nell’area matematica e per un ulteriore ⅓ nel- le altre discipline. Disaggregando i dati per ordine e ambito discipli- nare, scopriamo che nelle scuole secondarie di se- condo grado l’area maggiormente rappresentata è quella linguistica (39%), nelle secondarie di primo grado sono le aree matematico-scientifica (28%) e tecnologica (28%), mentre nella scuola primaria gli 60 osservatorio didattico sulle scuole Animatori Digitali si collocano in egual percentuale nell’area linguistica ed in quella matematica. La seguente distribuzione descrive gli Animatori Digitali in base alle altre funzioni ricoperte. Notiamo una rilevante concentrazione di funzioni: un animatore digitale su 3 è anche funzione stru- mentale o componente della commissione RAV; un animatore su 5 è collaboratore del dirigente scolastico ed 1 su 4 è membro della commissione PTOF. Come si può notare il compito di Animatore Digitale, ruo- lo nuovo nel panorama, si aggiunge ad altri compiti istituzionali, senza per questo prevedere un distacco dall’insegnamento. 61 maria aurora mangiarotti 4. Sezione B: Infrastruttura tecnologica Questa sezione prevede domande relative alle dota- zioni tecnologiche delle scuole. Il 72,9% dei docenti dichiara che la propria scuola è provvista di un’unica linea con banda larga, la fibra ottica è in dotazione praticamente alle sole scuole se- condarie di secondo grado. Per quanto riguarda la rete locale, dalle risposte si evince che il 29,2% delle scuole ha una rete locale in tutti i plessi, il 33,3% in qualche plesso ed un 18,8% ne è ancora sprovvisto. Il wifi è invece in dotazione in tutti i plessi nel 72,9% delle scuole. 62 osservatorio didattico sulle scuole I valori sono in linea con il dato medio italiano che vede il 70% delle scuole connesse in rete (cabla- ta o wifi) come messo in evidenza dal report forni- to dall’Osservatorio tecnologico, dati relativi all’a.s. 2014/15. 5. Sezione C: Integrazione delle tecnologie nella didattica Questa sezione intende investigare le tecnologie disponibili nei vari istituti, quelle più utilizzate dai docenti e le app impiegate nella pratica didattica. 63 maria aurora mangiarotti Gli strumenti a disposizione dei docenti sono vari: l’aula di informatica è presente nell’83,3% delle scuo- le; i laboratori provvisti di LIM sono il 41,7% del tota- le, valore leggermente inferiore (-1,9%) al dato nazio- nale1; la presenza di un pc con proiettore nelle classi viene segnalata dal 29,2% dei rispondenti. Il numero medio di studenti per pc risulta pari a 8,4, ma con alta variabilità; il dato non è da considerarsi del tutto affidabile in quanto frutto di stime approssimative da parte dei docenti. Si entra poi nel dettaglio di specifiche tecnologie e del loro uso a scuola. Strumenti di comunicazione asincrona e sincrona La mail viene utilizzata spesso o sempre dal 58,7% dei docenti e qualche volta dal 37,5%. Solo un 2% af- ferma di non utilizzarla mai. Le conversazioni in Skype o tramite hangout sono invece poco diffuse, solo il 6% dei docenti dice di uti- lizzare tali servizi regolarmente, il 50% qualche volta e il 44% mai; ciò indica ancora una scarsa diffusione di queste forme di comunicazione nelle nostre scuole. Cloud e ambienti di condivisione Il cloud per la condivisione è utilizzato dal 47,7% delle scuole; anche questo valore è relativamente bas- so in considerazione dell’impatto che tale tecnologia potrebbe avere sia sulle strategie didattiche di gestio- 1 Osservatorio Tecologico http://www.istruzione.it/allegati/2015/ focus011215_all1.pdf, ottobre 2015. 64 osservatorio didattico sulle scuole ne della classe, sia sul lavoro collaborativo tra colleghi all’interno dell’istituzione scolastica App, web-tool per la didattica utilizzate nella propria scuola Lo strumento più diffuso è la LIM (89,6%), a cui fanno seguito app per audio e video (35,4%) e app per mappe (29,2%). Interessante è anche indagare sull’impiego in clas- se di risorse e di software prodotti dalle case editrici: la fruizione regolare (spesso o sempre) di CD e di risorse prodotte dalle case editrici è indicata dal 32% dei docenti, mentre il 50% sostiene che vengono uti- lizzate solo qualche volta. 65 maria aurora mangiarotti L’utilizzo delle risorse multimediali integrate con il libro di testo è una pratica da incentivare specialmen- te in un’ottica di personalizzazione dell’apprendimen- to. Le case editrici mettono a disposizione lezioni da fruire con la LIM in classe, materiali di recupero o di approfondimento che gli studenti possono consultare in forma autonoma, in base a propri bisogni. Le domande successive riguardano l’impiego delle tecnologie in classe da parte degli stessi animatori digitali, con lo scopo di stimolare un’autoriflessione sulle proprie pratiche didattiche. I software più frequentemente impiegati sono: * programmi per presentazioni 60,4%; * programmi per creare contenuti audio o video 31,2%; * programmi per la realizzazione di ebook 6,3%; * programmi per coding o robotica 18,8%. È importante rilevare in questo caso ancora la bas- sissima percentuale di docenti che utilizzano il for- mato ebook per il publishing. Ambienti collaborativi La collaborazione nel cloud è una pratica diffusa, soprattutto in riferimento all’ambiente Google Drive che è impiegato dal 60,5% degli Animatori Digitali (una percentuale più alta rispetto a quella indicata in relazione all’uso nella propria scuola). Piattaforme Le piattaforme virtuali sono invece ambienti ancora poco esplorati. 66 osservatorio didattico sulle scuole Strumenti digitali per la valutazione Applicativi per la creazione di test o per la valutazio- ne formativa sono poco diffusi. Social Anche i social sono stati oggetto di indagine, in rap- porto al loro impiego in classe o per lo sviluppo pro- fessionale: solo un docente su cinque li utilizza fre- 67 maria aurora mangiarotti quentemente. Anche in questo caso appare evidente come i social non siano ancora considerati uno stru- mento efficace per attivare forme di social education. Blog Più diffuso invece è l’impiego di blog, infatti il 43,8% degli AD sostiene di utilizzarlo con una certa frequenza. Viene poi richiesto di indicare quali azioni di sup- porto sono già attuate nella scuola per favorire l’in- tegrazione delle tecnologie nelle pratiche didattiche. Interessante la risposta che vede quasi all’unanimità (92%) la collaborazione fra docenti, a seguire: * autoformazione 79,2%; * condivisione di buone pratiche 60,4%; * forme di aggiornamento in modalità blended 43,8%; * tutoraggio a scuola 35,4%; 68 osservatorio didattico sulle scuole * help online da parte di colleghi 31,3%; * formazione con scambi a livello europeo su progetti spe- cifici 22,9%. 6. Sezione D: Risorse umane e buone pratiche Gli Animatori Digitali sono stati invitati a esprime- re una loro opinione sulla presenza di colleghi nella propria scuola con specifiche competenze che possa- no essere risorse importanti per la rete. Tutti hanno risposto positivamente e individuato le aree di specializzazione: * la progettazione per progetti locali (52,1%); * il coordinamento di gruppi di lavoro (51,2%); * la formazione in percorsi con focus su tecnologie e social media (47, 9%); * la gestione di siti scolastici (45,8%). Nella tabella alla pagina seguente, la distribuzione delle risposte alla domanda “Sono presenti nella tua scuola docenti con specifiche competenze?”. In relazione alla presenza di buone pratiche nelle scuole, l‘80% dei docenti risponde che esse riguarda- 69 maria aurora mangiarotti Sì, docenti con competenze di formatore per percorsi 47,9% formativi con focus sulle nuove tecnologie e social media Sì, docenti con competenze di formatore per percorsi 37,5% formativi con focus sull’inclusività e multiculturalità Sì, docenti con competenze di formatore per percorsi 18,8% formativi con focus sul pensiero computazionale Sì, docenti con competenze di formatore per percorsi for- 31,3% mativi con focus sulla progettazione didattica, curriculo verticale Sì, docenti con competenze di formatore per monitorag- 29,2% gio, valutazione e documentazione Sì, docenti con competenze nella creazione e gestione dei 45,8% siti scolastici e della comunicazione Sì, docenti con competenze di progettazione per progetti 52,1% locali Sì, docenti con competenze di progettazione per progetti 37,5% nazionali o internazionali Sì, docenti con competenze di progettazione di corsi 25% elearning e tutoraggio online Sì, docenti con competenze di coordinamento e/o gestio- 52,1% ne di gruppi di lavoro Altro 8,3% no soprattutto i progetti di arricchimento dell’offerta formativa e segnalano: * progetti sulla legalità; * collaborazioni con Università ed Enti del territorio; * sperimentazioni di nuove metodologie (es. flipped clas- sroom); * progetti contro la dispersione scolastica. Alla domanda “Ci sono buone pratiche da segnala- re in tema di sperimentazione didattica?”, un docente su tre risponde in modo affermativo. 70 osservatorio didattico sulle scuole Anche nell’ambito della formazione i due terzi dei docenti ritengono che le scuole propongono azioni for- mative efficaci, da considerarsi quali buone pratiche. 7. Sezione E: Bisogni formativi Agli Animatori digitali viene chiesto di individuare tre aree in cui si manifestano in prevalenza i bisogni formativi dei docenti della propria scuola. Dall’inda- gine emergono i seguenti ambiti: * la formazione sulle tecnologie; * la progettazione didattica; * l’inclusività. Di seguito la distribuzione delle risposte. L’ultima domanda si riferisce alla modalità organizzativa rite- nuta più funzionale per le future azioni di formazio- ne; le preferenze sono per le modalità laboratoriale e mista. 71 maria aurora mangiarotti 8. Sintesi dell’analisi condotta Dall’analisi emerge una situazione eterogenea tra gli istituti della rete per quanto riguarda la qualità del- le infrastrutture, a svantaggio delle scuole primarie e secondarie di primo grado; infatti, mentre le scuo- le secondarie di secondo grado sono dotate di stru- menti più efficienti e di connessioni più performanti, grazie anche a risorse che provengono dai contributi volontari delle famiglie, le primarie e le secondarie di primo grado possono solo contare sulle risorse stan- ziate dalle amministrazioni comunali. Da evidenziare inoltre l’elevato numero di studenti per device (situazione comune a tutte le scuole italia- ne), che di fatto riduce le possibilità di utilizzo delle tecnologie a scuola anche per il docente provvisto di adeguate competenze digitali e metodologiche Gli strumenti/programmi più diffusi sono anco- ra le presentazioni, che rimandano ad una didattica abbastanza tradizionale in cui le metodologie attive sono ancora poco praticate. Questo aspetto è in linea con il secondo rapporto Talis (2013), un’indagine in- ternazionale promossa dall’OCSE e che coinvolge i docenti di scuola secondaria di primo grado di 34 pa- 72 osservatorio didattico sulle scuole esi. Ciò è dovuto oltre che alle carenze infrastruttura- li o di strumenti segnalate in precedenza, anche alle scarse competenze digitali dei docenti. L’età media piuttosto alta infatti, vede gli insegnanti meno dispo- nibili a mettersi in gioco su obiettivi di sviluppo pro- fessionale nelle aree “tecnologia” e “progettazione didattica”. La seguente tabella tratta dal rapporto Ta- lis Focus Italia, mostra le pratiche di insegnamento agite con maggiore frequenza dai docenti intervistati: Pratiche di insegnamento Paesi TALIS Italia Presento un riassunto dei contenuti che gli 74% 64% studenti hanno appreso recentemente Gli studenti lavorano in piccoli gruppi per 47% 32% trovare soluzioni comuni ai problemi e ai compiti assegnati Affido lavori differenti agli studenti che 44% 58% mostrano difficoltà di apprendimento e/o a quelli che vanno avanti più velocemente Faccio riferimento a un problema della vita 68% 81% quotidiana o del lavoro per mostrare l’utilità di nuove conoscenze Lascio esercitare gli studenti con lavori si- 67% 78% mili fino a quando non ritengo che ogni stu- dente abbia compreso i contenuti Controllo i quaderni degli esercizi dei miei 72% 85% studenti o i compiti per casa Gli studenti lavorano a progetti che richie- 28% 28% dono almeno una settimana di impegno Gli studenti impiegano le TIC (Tecnologie 38% 31% dell’Informazione e della Comunicazione) per i progetti o per il lavoro in classe Come si può notare le strategie attive (lavoro in piccoli gruppi, strategie metacognitive) sono meno frequentemente adottate nelle nostre scuole rispetto 73 maria aurora mangiarotti a quelle degli altri paesi, di contro le pratiche tradizio- nali (controllo dei quaderni con i compiti domestici ed esercizi che riproducono quanto fatto in classe) sono più diffuse tra i docenti italiani. Anche l’uso delle TIC per progetti e lavori in classe è una pratica meno frequente in Italia. 9. Considerazioni finali e prospettive Il questionario restituisce il punto di vista privile- giato di docenti esperti che conoscono molto bene il contesto in cui operano, il clima che si respira a scuo- la e sono consapevoli della complessità del loro ruolo. Punti di forza Punti di debolezza * la forte motivazione degli Ani- * la concentrazione di funzioni di- matori Digitali: essi mostrano verse in uno stesso soggetto: l’A- entusiasmo per il proprio lavo- nimatore Digitale è spesso figura ro, fiducia nelle proprie risorse strumentale, componente della e alto senso di responsabilità e commissione Rav o della com- autoefficacia missione per il PTOF e ciò com- porta un sovraccarico di compiti e responsabilità * la consapevolezza che si sta * la mancanza di tecnici nelle creando una comunità profes- scuole primarie e secondarie di sionale che nasce dalla colla- primo grado costringe spesso borazione e dal confronto con l’Animatore Digitale a supplire a obiettivi condivisi tale carenza, facendosi carico di problemi tecnici con dispersione notevole di tempo e di risorse 74 osservatorio didattico sulle scuole * la presenza di buone pratiche da * la non sempre adeguata valo- mettere a sistema e diffondere rizzazione del ruolo da parte del per creare nuova conoscenza e dirigente scolastico o riconosci- promuovere il miglioramento mento da parte dei colleghi e un della qualità degli apprendimenti clima sfavorevole all’innovazione * la presenza all’interno delle * mancanza o esiguità degli in- scuole di docenti esperti in centivi varie aree che possano essere risorsa non solo per l’istituto, ma per la rete, se si predispon- gono ambienti reali e virtuali per interagire e svolgere azioni di coaching e mentoring * la presenza di Dirigenti Scola- stici capaci di creare un clima favorevole a scuola, relazioni positive e una organizzazione efficiente Le esigenze di cambiamento e di crescita professio- nale possono trovare risposte in un modello di for- mazione in servizio che prevede: * modalità laboratoriali; le indagini internazionali dell‘OC- SE mostrano che i docenti coinvolti in attività di forma- zione con metodologia learning by doing ed in forma collaborativa sono più propensi a trasferire in classe le pratiche didattiche sperimentate e sviluppare progetti articolati che prevedono l’uso delle tecnologie; * possibilità per i docenti di svolgere osservazioni tra pari, estendendo la pratica osservativa che adesso è prevista 75 maria aurora mangiarotti per la formazione iniziale anche alla formazione in ser- vizio; * integrazione delle tic nella didattica: ricerche hanno di- mostrato che le tecnologie da sole non producono mi- glioramento degli apprendimenti, ma la loro integrazio- ne nella didattica può far conseguire buoni risultati. “In- tegrare nella didattica” significa predisporre l’ambiente di apprendimento reale e virtuale, scegliere le strategie pedagogiche adatte alla classe, progettare le attività, mo- nitorare i processi e valutare gli esiti; * sperimentazione in classe collegata alla formazione: gli interventi formativi pianificati dal collegio docenti do- vrebbero prevedere la progettazione di UDA o di atti- vità da svolgere in classe in un’ottica collaborativa e di ricerca-azione. Il processo deve essere accompagnato da pratiche riflessive e prevedere una autovalutazione; * supporto alla sperimentazione, in presenza ed a distanza per sostenere i docenti nelle fasi di realizzazione della sperimentazione e della valutazione; * documentazione del lavoro svolto con creazione di ban- che dati di buone pratiche o di risorse validate che favori- scano la circolazione dei saperi; * creazione di comunità di pratica non più solo sponta- nee, ma promosse e sostenute a livello istituzionale, in cui le varie figure professionali possano crescere grazie ad un continuo e proficuo confronto; * ampia diffusione dei risultati della ricerca in campo edu- cativo in un’ottica EBE (Evidence Based Education) per- chè i docenti, potendo disporre di risultati basati sull’evi- denza scientifica, possano orientare la loro azione verso la costruzione di interventi didattici efficaci. 76 osservatorio didattico sulle scuole Le azioni previste dal PNSD vanno proprio in que- sta direzione, in quanto pongono l’accento sulla cre- scita professionale dei docenti in percorsi in cui le tecnologie sono strumenti per predisporre nuovi am- bienti, arricchire le proposte didattiche, progettare percorsi e interventi con approcci pedagogici innova- tivi, per un miglioramento della qualità degli appren- dimenti, una crescita culturale e umana. Per approfondire Castoldi M., Progettare per competenze, percorsi e strumenti, Carocci ed, 2011. Castoldi M., Valutare le competenze. Percorsi e stru- menti, Carocci ed, 2012. Morin E., La testa ben fatta, Cortina ed, 1999. Articoli di Calvani e Vivanet su Evidence Ba- sed Education: http://www.ledonline.it/index.php/ ECPS-Journal/article/viewFile/692/565; http://www. sapie.it/images/articoli/Il_punto_sulle_Tic.pdf Vajola P., Una mappa per la formazione digitale degli in- segnanti, in “Bricks”, anno 5 (2015), n.3, p. 43-69, http:// www.rivistabricks.it/wp-content/uploads/2017/ 08/06_Vayola.pdf “La Buona Scuola”, http://www.istruzione.it/scuo- la_digitale/index.shtml Piano per la formazione dei docenti 2016-19, http:// www.istruzione.it/allegati/2016/Piano_Formazio- ne_3ott.pdf Talis 2013, guida sul rapporto con Focus sull’Italia, http://www.istruzione.it/allegati/2014/TALIS_Gui- da_lettura_con_Focus_ITALIA.pdf 77 maria aurora mangiarotti Servizio statistico MIUR “Le dotazioni multime- diali per la didattica nella scuola”, a.s.2014/15, http:// www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf MIUR, “Studenti, computer e apprendimento: dati e riflessioni. Uno sguardo agli esiti delle prove in Let- tura in Digitale dell’indagine OCSE PISA 2012 e alla situazione in Italia”, http://www.istruzione.it/allega- ti/2016/MIUR_2015-Studenti-computer-e-apprendi- mento.pdf Unesco, Quadro di riferimento delle competenze dei docenti sulle TIC, aprile 2010, http://competen- zedocenti.it/Documenti/competenze_digitali/une- sco_-_competenze_digitali_insegnanti.pdf Profilo di Norm Green, Sito del Ce.Se.Di, http:// www.apprendimentocooperativo.it/oscurata/autori/ Norm-Green/ca_5455.html Ricordo di Norm Green, nel volume Formare per In- novare Formare per innovare, miscellanea di saggi Pian A., Storytelling e coding per creare libri game, http://classi20.it/storytelling-e-coding-per-creare-li- bri-game-teniamoci-x-mouse 78 Capitolo 4 La scuola che comunica Marzio Rivera 1. Gli Animatori Digitali nella scuola che comunica Le pagine che seguono riassumono i contenuti di una breve serie di incontri di formazione rivolti agli Animatori Digitali (AD) della provincia di Pavia, rea- lizzati nel periodo maggio-settembre 2016, nel qua- dro del progetto “Didattica digitale per il prossimo futuro”. Gli incontri hanno cercato di analizzare il tema del- la comunicazione attraverso i siti web scolastici, coin- volgendo i partecipanti in un’attività di analisi della situazione attuale nella realtà pavese. La prima osservazione importante condivisa con i partecipanti riguarda l’evoluzione che, nel corso di un ventennio, hanno compiuto i siti web scolastici, partiti da una funzione meramente espositiva (siti vetrina) e diventati progressivamente uno snodo centrale della comunicazione – interna ed esterna – dell’intera organizzazione scolastica. Il sito web di una scuola, oggi, deve infatti rispon- dere a molteplici esigenze: marzio rivera * normative (ad esempio: rispettando gli obblighi di tra- sparenza e pubblicità); * di comunicazione (ad esempio: fornendo informazioni di vario tipo sulla scuola e sulle attività che vi si realiz- zano); * di servizio (ad esempio: erogando servizi online agli utenti). 2. I siti web delle Pubbliche Amministrazioni Per quanto riguarda gli obblighi cui sono soggetti i siti delle Pubbliche Amministrazioni (PA), il pun- to di partenza per i webmaster della scuola dovreb- be essere la lettura delle “Linee Guida per i siti web delle PA”, un documento aggiornato fino al 2011 da un gruppo di lavoro composto da DigitPA1, dal Dipar- timento per la funzione pubblica, dal Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica e da FormezPA2. I principi generali cui si ispirano le Linee Guida possono sintetizzarsi in questo modo: * Accertata utilità. I siti web delle PA non sono quindi da intendersi come contenitori da riempire di tutto quello 1 DigitPA subentrò al CNIPA (istituito dall’art. 176 del d.lgs 30 giugno 2003 n. 196 in sostituzione dell’Autorità per l’informati- ca nella pubblica amministrazione). Successivamente, secondo quanto disposto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgen- ti per la crescita del Paese”, DigitPA è stato soppresso, al pari dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione e del Dipartimento per la Digitalizzazione e Innovazione tecno- logica; il medesimo decreto legge n. 83/12 ha istituito l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) a cui sono state trasferite le funzioni di tali enti. 2 Formez PA è un organismo in house al Dipartimento della Fun- zione Pubblica 80 la scuola che comunica che si vuole; i contenuti pubblicati devono rispondere primariamente all’esigenza della pubblica utilità. * Semplificazione dell’interazione tra amministrazione ed utenza. Il sito web deve cioè avvicinare le PA all’utenza, offrendo informazioni e servizi. * Trasparenza dell’azione amministrativa. Si affaccia qui il concetto di trasparenza che diventerà successivamente uno dei punti di maggiore attenzione del legislatore; co- mincia inoltre a delinearsi l’idea delle PA come “case di vetro”. * Facile reperibilità e fruibilità dei contenuti. È un invito a porre tra gli obiettivi di progettazione e di realizzazione quelli dell’usabilità e dell’accessibilità3 del sito web. * Costante aggiornamento. Può apparire un’ovvietà, ma un sito che non viene costantemente aggiornato allontana rapidamente gli utenti e non può assolvere quindi i suoi compiti. Tra i controlli che le Linee Guida per i siti web della PA suggeriscono per la valutazione dei siti compaio- no in particolare: * La registrazione del sito al dominio gov.it. Un sondaggio compiuto tra i partecipanti agli incontri di formazione ha mostrato che ancora una certa percentuale di scuole non ha adempiuto a questo obbligo di legge. * Controlli di trasparenza. Le Linee Guida citano in partico- lare il D.Lgs 150 del 2009 e la versione allora vigente del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD)4. Da allora, 3 Usabilità e accessibilità, sebbene legati tra loro, sono termini da non confondere. Mentre un sito “usabile” potrebbe non essere accessibile, il viceversa non può accadere. 4 Link alla versione attuale 81 marzio rivera come vedremo, si sono succedute diverse novità a questo proposito. * Controlli su formati file. Il CAD, all’art. 68 c.2, nella ver- sione in vigore al momento della pubblicazione delle Linee Guida, prevedeva infatti che “Le pubbliche ammi- nistrazioni nella predisposizione o nell’acquisizione dei programmi informatici, adottano soluzioni informatiche [...] che assicurino l’interoperabilità […] e consentano la rappresentazione dei dati e documenti in più formati, di cui almeno uno di tipo aperto”. Questo comma è stato purtroppo abrogato nell’aggiornamento del CAD ad ope- ra del D.lgs. 26 agosto 2016, N. 179. Le Amministrazioni virtuose dovrebbero, a mio parere, attenersi comunque a questo principio. * Controlli aggiornamenti. Chi gestisce o coordina la gestio- ne del sito web dovrebbe effettivamente avere tra le sue priorità il monitoraggio sulla frequenza degli aggiorna- menti e sulla possibile obsolescenza dei contenuti. * Monitoraggio visite. Controllare il numero degli accessi alle pagine del sito non è un esercizio di vanità. È innan- zitutto una informazione utile per capire quanto l’offerta del sito – in termini di informazioni e servizi – è apprez- zata dall’utenza. 3. Controllare usabilità e accessibilità di un sito Il controllo più laborioso, tra quelli suggeriti dalle Linee Guida, è quello riguardante usabilità e accessi- bilità. Il testo di riferimento, in questo caso, è la cosiddet- ta Legge Stanca (L. 4/2004), che ha stabilito per la prima volta principi e obblighi per le PA; il Decreto 82 la scuola che comunica Ministeriale del 20 marzo 2013 ha poi aggiornato i criteri e metodi per la verifica tecnica e requisiti tec- nici di accessibilità previsti dalla legge. I requisiti previsti riguardano: * la necessità di fornire alternative testuali per tutti i con- tenuti non testuali (immagini, audio, video), in modo da poter rendere fruibili questi contenuti anche agli utenti con disabilità mediante opportune tecnologie assistive, cui i siti devono garantire la massima compatibilità (re- quisiti 1, 2 e 12); * la necessità di strutturare le pagine dei siti in modo tale che “le informazioni, la struttura e le correlazioni fra di- stinti blocchi di contenuto trasmesse dalla presentazione devono essere rese fruibili in qualsiasi situazione”. In particolare il suggerimento vuole essere quello di evitare l’uso delle tabelle per l’impaginazione (requisito 3); * la chiara distinzione tra contenuti in primo piano e sfon- do, sia per quanto riguarda i testi (il classico testo in nero su sfondo bianco è sempre la scelta migliore) sia per i contenuti audio (requisito 4); * la possibilità di accedere a tutte le funzionalità del sito anche solo attraverso la tastiera (requisito 5); * la necessità di mettere l’utente “a proprio agio”, fornen- dogli il tempo necessario per leggere e utilizzare i conte- nuti, ponendolo in un contesto familiare e prevedibile, con tutti i possibili aiuti nell’invio di dati ed evitando di inserire contenuti capaci di sviluppare crisi epilettiche (requisiti 6, 7, 10 e 11); * la massima chiarezza e leggibilità del testo. Ciò significa non solo utilizzare opportune dimensioni per i caratteri utilizzati (fornendo sempre la possibilità di aumentarle 83 marzio rivera in caso di bisogno), ma anche usare espressioni facil- mente comprensibili per tutti (requisito 9). Una volta chiariti quali sono i punti di attenzione nella progettazione e nella redazione delle pagine di un sito web della PA, si pone il problema della ve- rifica dei requisiti. Quali procedure, quali strumenti usare? E con quale frequenza? Nei momenti successivi all’entrata in vigore del- la legge 4/2004 si verificò una specie di “corsa al bollino”; la legge infatti prevedeva l’apposizione di un logo di certificazione dell’aderenza alle norme sull’accessibilità che doveva essere fornito da un op- portuno ente certificatore autorizzato. Le PA, però, potevano autocertificare l’accessibilità del proprio sito; di conseguenza molti webmaster iniziarono ad apporre bollini di qualità a testimonianza della bontà del loro lavoro. I bollini si riferivano (e si riferiscono tuttora): * all’aderenza del codice html delle pagine ad una parti- colare versione di questo linguaggio (validazione html); * al corretto uso dei fogli stile delle pagine (validazione css); * all’accessibilità propriamente detta. Questo modello delineato dalla legge Stanca di fatto non poté funzionare: il fatto che l’intera platea delle aziende private non fosse soggetta agli obblighi della legge e che le PA potessero autocertificare l’ac- cessibilità dei propri siti limitò di fatto l’interesse dei potenziali certificatori, che a oggi sono in numero de- cisamente esiguo5. 5 http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblica-amministra- zione/accessibilita/elenco-valutatori-accessibilita 84 la scuola che comunica Riguardo alle attenzioni che gli sviluppatori/manu- tentori dei siti web scolastici devono porre in essere, vale la pena precisare innanzitutto che le tre valida- zioni sopra descritte sono strettamente legate tra loro; una pagina non è infatti accessibile se non ha un codi- ce html valido o se presenta errori nei fogli di stile css. Il consorzio W3C (World Wide Web Consortium) è la comunità internazionale formata da numerosi partner pubblici e privati che sviluppa e mantiene gli standard del Web; il W3C mette a disposizione alcuni strumenti automatici per la validazione html6 e css7 attraverso cui lo sviluppatore (o il controllore) posso- no facilmente verificare la bontà del codice. Più difficile risulta accertare l’accessibilità di una pagina; esistono comunque alcuni servizi web che consentono di accertare in modo automatico un pri- mo livello di accessibilità. Ad esempio AChecker8 è uno strumento open source9 che permette di identificare un certo numero di barriere nell’accesso ai contenuti delle pagine web in riferimento a diverse linee guida di riferimento, come quelle pubblicate dal WAI10 o quelle enunciate dalla Legge Stanca. Anche l’italiano Vamolà11 svolge funzioni analoghe, mentre una ricca lista di strumenti per sviluppatori12 è stata raccolta dal W3C. Una valutazione completa dell’accessibilità di una pagina deve comunque essere compiuta da un ope- 6 https://validator.w3.org/ 7 https://jigsaw.w3.org/css-validator/ 8 http://achecker.ca/checker/index.php 9 https://it.wikipedia.org/wiki/Open_source 10 Web Accessibility Initiative, una sezione del W3C 11 http://www.validatore.it/vamola_validator/checker/index.php 12 https://www.w3.org/WAI/ER/tools/ 85 marzio rivera ratore umano; si pensi ad esempio al requisito 9 del D.M 20/3/2013 riguardo all’uso di espressioni “facil- mente comprensibili”. Nel mondo della scuola va ricordata l’iniziativa che da molti anni porta avanti la comunità di pratica “Porte aperte sul web”13; oltre a condividere e divulgare infor- mazioni ed esperienze, mette a disposizione modelli di sito scolastico basati sui più comuni CMS open source aventi una architettura comune per quanto riguarda la navigazione e la organizzazione delle sezioni. Questi modelli, costruiti per rispondere ai principi dell’acces- sibilità sono utilizzati da oltre 1000 scuole in Italia. In riferimento all’accessibilità del sito web scola- stico l’Agenzia per l’Italia Digitale ha emanato la cir- colare n. 1/201614, che definisce le modalità di pub- blicazione degli Obiettivi di accessibilità che le PA sono tenute annualmente a pubblicare sul proprio sito web. Si tratta in realtà di una operazione piutto- sto semplice, che consiste nel pubblicare il link alle risposte fornite alle domande poste dall’applicativo “Obiettivi di accessibilità”15 dell’AgID. Per concludere questa breve rassegna di indicazio- ni e strumenti per i webmaster e webdesigner della scuola, si segnala il recente nato design.italia.it, por- tale governativo contenente linee guida per il design dei servizi delle PA. 4. La privacy nei siti web scolastici La pubblicazione di dati o immagini all’interno dei siti web scolastici è uno degli elementi cui la scuola 13 http://www.porteapertesulweb.it/ 14 http://www.agid.gov.it/circolare-n12016 15 http://accessibilita.agid.gov.it/ 86 la scuola che comunica deve porre molta attenzione, in particolare quando si tratta di minori. Il punto di riferimento è in questo caso rappresentato dalle linee guida del Garante per la Privacy16, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014. L’attenzione per la riservatezza dei dati persona- li delineata da queste linee guida suggerisce che la pubblicazione venga limitata a quelli previsti come obbligatori dal D.Lgs. 33/2013; ogni altro riferimen- to a dati personali deve pertanto essere in qualche modo omesso o oscurato. La stessa durata dell’esposizione dei dati deve ri- spondere alle più strette necessità di trasparenza e pubblicità e non deve comunque essere superiore ai cinque anni. Il Garante per la Privacy ha anche emanato, in ap- plicazione alle direttive 2002/58/CE del 12 luglio 2002 e 2009/136/CE del 25 novembre 2009 del Par- lamento europeo e del Consiglio, il provvedimento che impone ai siti web l’acquisizione del consenso esplicito dei visitatori ad una eventuale profilatura mediante lo strumento dei cookie17. 5. L’amministrazione trasparente e gli obblighi di pubblicazione Il D.Lgs. 33/2013 ha introdotto l’obbligo, per i siti delle PA, della pubblicazione di un considerevole nu- mero di informazioni e documenti in una apposita 16 http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/ docweb-display/docweb/3134436 17 https://it.wikipedia.org/wiki/Cookie 87 marzio rivera sezione denominata “Amministrazione trasparente” (AT), ben visibile sulla home page. L’elenco dei dati oggetto di pubblicazione, dappri- ma indicato nell’allegato 1 della delibera 50/2013 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), è stato successivamente rivisto alla luce delle modi- fiche al D.Lgs. 33 introdotte dal D.Lgs. 97/2016; l’e- lenco attualmente in vigore è un allegato alle Prime Linee Guida “recanti indicazioni sull’attuazione de- gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni” pubblicate dall’ANAC con delibera 1310 del 28/12/2016. La sezione deve essere strutturata in sottosezioni (associate alla categoria tassonomica “Macrofami- glia”), suddivise a loro volta in sotto-sottosezioni (cor- rispondenti alle “Tipologie di dati”); ad ogni singola tipologia di dati corrispondono riferimenti normativi che prevedono ciascuno uno o più obblighi di pub- blicazione. I dati previsti da questo schema di pubblicazione possono peraltro essere già presenti in altre sezioni del sito (ad esempio nell’Albo Pretorio); ciò non esi- me comunque gli amministratori del sito dal riporta- re il medesimo dato o documento (per lo meno come link) nella sezione AT. Per fare un esempio, gli obiet- tivi annuali di accessibilità, che è sensato pubblicare in una pagina dedicata all’accessibilità, deve comun- que comparire nella sezione “Amministrazione tra- sparente – Altri contenuti – Accessibilità e Catalogo di dati, metadati e banche dati”. Il D.Lgs 33 e le Prime Linee Guida dell’ANAC pre- vedevano inoltre che i documenti venissero pubbli- cati nella sezione Amministrazione Trasparente in formato aperto, ai sensi dell’art. 68 del CAD (peral- 88 la scuola che comunica tro, come già detto, già emendato); vale comunque la pena attenersi a quanto quest’articolo prescriveva. Come si è visto, la questione degli obblighi di tra- sparenza è in continua e rapida evoluzione; è impor- tante, per le PA, seguire costantemente l’evoluzio- ne normativa e le indicazioni emanate dall’ANAC. Quest’ultima ha comunque riconosciuto, con la re- centissima determinazione ANAC 8 marzo 2017, n. 24118, la “particolarità delle istituzioni scolastiche”, il “ridotto grado di esposizione al rischio corruttivo”, “la peculiarità della natura e delle funzioni svolte nonché le ridotte dimensioni che caratterizzano le istituzioni scolastiche e che le distinguono dalle altre amministrazioni pubbliche ricomprese nell’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001”. Per tale ragione, in un’ottica di semplificazione, per i dirigenti scolastici vengono in particolare in qual- che misura ridotte le misure di trasparenza previste per tutti i dirigenti delle PA. 6. L’accesso civico Una delle principali novità introdotte dalla legge sulla trasparenza è l’istituto dell’accesso civico. Se- condo quanto previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, l’accesso civico è il diritto di chiunque di richiedere la pubblicazione di documenti, informazioni o dati per i quali sussistono specifici obblighi di trasparenza, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazio- ne. Pertanto, l’accesso civico è lo strumento con cui l’utente può obiettare alla mancata pubblicazione, 18 http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAu- torita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6708 89 marzio rivera obbligatoria per legge, di documenti, informazioni o dati sul sito istituzionale. L’accesso civico può essere esercitato da chiunque; infatti, la richiesta di accesso civico non è vincola- ta ad una legittimazione soggettiva del richiedente, né deve essere motivata. Deve solo identificare in maniera chiara e puntuale i documenti dei quali si fa richiesta; non sono, cioè, ammesse richieste di ac- cesso civico generiche. L’amministrazione, entro trenta giorni, procede alla pubblicazione nel sito del documento, dell’informa- zione o del dato richiesto e comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Se il documento, l’in- formazione o il dato richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, l’amministrazio- ne si limita ad indicare al richiedente il relativo colle- gamento ipertestuale. 7. Il web nella scuola pavese Come anticipato nel prologo, gli incontri di forma- zione con gli AD pavesi hanno rappresentato l’occa- sione per realizzare un’analisi delle realtà del territo- rio. I partecipanti agli incontri sono stati invitati a ri- spondere ad un questionario che mirava a raccogliere informazioni sui siti web scolastici, sugli altri servizi utilizzati e, più in generale, sulla loro gestione. Hanno partecipato a questa raccolta di informa- zioni 45 docenti, 33 dei quali con l’incarico – spesso uno dei tanti incarichi loro attribuiti – di AD; gli altri partecipanti svolgono ruoli che di volta in volta sono qualificati come referente ICT, responsabile del sito, membro del team dell’innovazione. 90 la scuola che comunica Dalle risposte emerge che la gestione tecnica del sito web è affidata, nella maggior parte dei casi, ad una “funzione strumentale”; solo in 7 casi la scuola si rivolge ad un referente esterno. Riguardo alle scelte per lo sviluppo del sito, appare evidente come la gran parte delle scuole abbia adot- tato un CMS; tra questi, poi, la fa da padrone Wor- dPress, scelto dai due terzi delle scuole che si sono orientate verso questa soluzione. In questi risultati si avverte molto l’influenza delle soluzioni proposte dalla comunità di “Porte aperte sul web”, che, pur di- chiarandosi neutrale rispetto alla scelta dei CMS19, di fatto ha garantito un maggior supporto a WordPress. Al di là degli aspetti tecnici, la questione cruciale riguarda la gestione dei contenuti; la soluzione più diffusa, nelle scuole pavesi, è quella di un gruppo di persone che si occupa – ciascuna per un’area di com- petenza – del sito scolastico. È però consistente il numero delle scuole (esatta- mente un terzo) che affida ad una sola persona la pubblicazione dei contenuti. 19 https://it.wikipedia.org/wiki/Content_management_system 91 marzio rivera 92 la scuola che comunica Gestire un sito non vuol dire solo organizzarne la struttura e pubblicare contenuti; significa anche cu- rarne la manutenzione, effettuando controlli periodi- ci su tutti i suoi aspetti. Ai corsisti è stato chiesto se e quali controlli vengono realizzati sui propri siti. Come si vede dall’istogramma, i controlli risultano poco frequenti; in particolare in meno del 30% dei casi si presta attenzione al numero dei visitatori delle pagine del sito. Quanto agli ulteriori servizi web di comunicazione messi in campo dalle scuole, risulta che la quasi totalità delle scuole (91%) utilizza il registro elettronico, mentre le percentuali si riducono drasticamente per gli altri stru- menti; solo Google for Education supera il 25%, mentre l’uso di canali social come Facebook e Twitter è appan- naggio di una ridotta minoranza di scuole del territorio. 93 marzio rivera 8. Il check up dei siti web delle scuole pavesi Ai partecipanti agli incontri è stata proposta un’atti- vità di peer review avente per oggetto una valutazione dei siti web delle altre scuole, in merito alla presenza dei contenuti minimi previsti dalla normativa, alla conformità delle pagine agli standard (html e css) e alla usabilità e accessibilità del sito. In tutto sono stati eseguiti 32 check up completi, che hanno fornito risposte di grande interesse. Per quanto riguarda i contenuti minimi è risultato che mediamente le informazioni correttamente pubbli- cate dalle diverse scuole si attestano attorno al 50%; spesso l’esame ha rilevato come, benché fossero cor- rettamente riprodotte sezioni e sottosezioni dell’AT, queste risultassero in realtà prive di contenuti. Ancora più difficile risulta essere la situazione evi- denziata dall’indagine sulle conformità e sull’accessi- bilità delle pagine; solo uno dei siti esaminati supera la validazione W3C senza alcuna indicazione di er- rore, mentre addirittura nessuno supera con succes- so il controllo sui fogli di stile CSS. Già il controllo automatico sull’accessibilità dei siti, eseguito con Achecker e Vamolà, denota numerosi problemi, non lasciando alcuna speranza di una possibile reale va- lidazione di accessibilità per la quasi totalità dei siti in esame. Bisogna però precisare che questa situazione è strettamente legata alla scelta, operata dalla maggior parte delle scuole, di avvalersi di un CMS. Il codi- ce generato dai CMS e dagli stessi moduli e plugin opzionali installati -spesso di terze parti- è sovente carente di attenzione per gli aspetti della conformità agli standard e dell’accessibilità; gli stessi template 94 la scuola che comunica “accessibili” sviluppati per i CMS più diffusi, non sono peraltro esenti da problemi. I CMS open source rappresentano peraltro, per la maggior parte delle scuole, la soluzione tecnicamen- te ed economicamente più sostenibile, garantendo una gestione e una manutenzione compatibile con le competenze normalmente presenti. 9. La comunicazione dematerializzata I servizi web possono rappresentare uno strumento fondamentale per dematerializzare la comunicazio- ne interna e semplificare, avviando anche in questo caso un percorso di digitalizzazione, la comunicazio- ne con gli utenti esterni. A seconda delle necessità le scuole possono avva- lersi a tale scopo di alcune soluzioni “artigianali” a basso costo, oppure contare su plugin per qualcuno dei CMS più utilizzati, o prendere in considerazione piattaforme dedicate “stand-alone”. G Suite for Education (già Google Apps for Edu- cation) è l’insieme delle applicazioni cloud-based che Google mette gratuitamente a disposizione delle scuole per la didattica, ma che possono efficacemen- te essere utilizzate anche per la comunicazione con utenti esterni ed interni. I moduli Google consentono ad esempio di racco- gliere in modo rapido dati, informazioni e, almeno li- mitatamente agli utenti della propria organizzazione, anche file; i dati raccolti vengono automaticamente inseriti in fogli Google per una rapida consultazione o per un successivo trattamento. Aggiungendo il con- tributo di componenti aggiuntivi di terze parti (come 95 marzio rivera ad esempio Form Publisher20, un add-on gratuito per un numero limitato di impieghi mensili), un modello di documento precedente creato per una particolare esigenza può essere automaticamente riempito con i dati raccolti da un modulo, conservato in una oppor- tuna cartella di Google Drive, trasformato in formato pdf ed eventualmente inviato ad una casella di posta elettronica predefinita, magari integrata con il siste- ma di gestione documentale in uso nella scuola. Questo semplice esempio mostra come, con stru- menti gratuiti o quasi, si possa rapidamente demate- rializzare un modulo cartaceo, inserendolo a tutti gli effetti in un moderno sistema di gestione documen- tale; si tratta comunque di un approccio artigianale, utile in particolare per far fronte a necessità nuove o non previste. I siti sviluppati con WordPress possono avvalersi di plugin come Contact Form 721, che permette di cre- are moduli personalizzabili che memorizzano i dati inviati, trasmettendoli anche a caselle di posta prede- finite, come nel caso visto precedentemente; analo- ghi plugin (ad esempio Visforms22) sono disponibili per i siti basati sul CMS Joomla. Un approccio radicalmente diverso è quello di affi- darsi a piattaforme progettate specificatamente per la comunicazione nell’organizzazione scolastica, come Schoolcom23. Schoolcom infatti scaturisce dall’esigenza di sem- plificare, razionalizzandolo e dematerializzandolo in 20 https://sites.google.com/site/scriptsexamples/available-web- apps/form-publisher/documentation 21 https://it.wordpress.org/plugins/contact-form-7/ 22 https://extensions.joomla.org/extensions/extension/con- tacts-and-feedback/forms/visforms/ 23 http://www.schoolcom.it 96 la scuola che comunica toto, il flusso delle comunicazioni all’interno della scuola, integrandosi senza difficoltà con il sito web e con i sistemi già adottati per la protocollazione, ge- stione documentale e conservazione sostitutiva. Uno dei punti di forza di Schoolcom è quello di fa- vorire i processi decisionali, permettendo una intera- zione tra i molteplici attori della comunicazione. Prendiamo ad esempio il caso di una domanda di congedo inoltrata, attraverso un apposito modulo, da un collaboratore scolastico; la pratica viene presa in carico, direttamente sulla piattaforma, da un assisten- te amministrativo incaricato. L’assistente amministra- tivo effettua una prima valutazione di ammissibilità della domanda, sottoponendone la definitiva appro- vazione al DSGA e, successivamente al DS. Quando quest’ultimo approva in modo definitivo l’accettazio- ne della domanda, il richiedente ne prende visione nella sua pagina personale, mentre viene contempo- raneamente inviato un documento pdf contenente l’i- stanza approvata al sistema di protocollazione. La modularità di Schoolcom consente di adattarne l’uso alle particolari esigenze delle singole scuole; possono infatti essere gestiti dal sistema, oltre alle richieste del personale, sia le comunicazioni più co- muni, come le circolari e gli atti pubblicati all’albo pretorio, sia il complesso iter di elaborazione, appro- vazione e rendicontazione finanziaria dei progetti del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). Altri aspetti didattici e organizzativi della vita sco- lastica trovano supporto in Schoolcom: attraverso la piattaforma possono ad esempio essere gestite la do- cumentazione delle riunioni dei gruppi di lavoro, il si- stema di gestione della qualità, il conferimento degli incarichi e la registrazione delle attività aggiuntive. 97 Capitolo 5 Il diritto d’autore e le licenze open nell’attività didattica Simone Aliprandi 1. Introduzione Il diritto d’autore è sempre stato una materia per addetti ai lavori, cioè per gli operatori professionali del mondo dell’editoria, della produzione cultura- le, dell’industria dell’entertainment e dello sviluppo tecnologico. Con l’avvento della cosiddetta società dell’informazione e della rivoluzione digitale, l’atti- vità di creazione, rielaborazione e diffusione di ope- re creative è diventata a portata di tutti, innescando una serie di interrogativi proprio in merito ai diritti di tutela e in generale alle norme giuridiche che re- golamentano l’utilizzo e la distribuzione dei conte- nuti. Così nel giro di pochi anni il diritto d’autore è diventato un problema di tutti (e non più solo degli “addetti ai lavori” in senso più classico), con una cre- scente richiesta di materiale informativo e iniziative di divulgazione sul tema. Questo articolo cerca di ri- spondere proprio a questa esigenza e di fornire un simone aliprandi quadro chiaro e facilmente comprensibile dei prin- cipali dubbi che si incontrano quando ci si trova a riutilizzare opere creative già esistenti. 1.1. La tecnologia più avanti del diritto Se fino a un decennio fa le opere dell’ingegno veni- vano diffuse attraverso specifici supporti e secondo specifiche regole, ora invece tendono a essere dif- fuse attraverso un unico grande medium, Internet, che ha meccanismi di funzionamento peculiari e per nulla assimilabili a quelli dei media precedenti. Principalmente è un medium che livella le differen- ze e tratta i vari tipi di contenuti allo stesso modo, in quanto digitalizzati e quindi semplici sequen- ze di bit; tutto (testi, musiche, video) viene diffuso allo stesso modo e fruito dallo stesso dispositivo: il computer o eventualmente il tablet o lo smartphone. Inoltre, la velocità con cui si sta evolvendo la tecnolo- gia ha reso davvero facile sia produrre sia diffondere opere creative; basti pensare al meccanismo del link o del deeplink su cui si basa in gran parte il web, e alle varie applicazioni social che permettono con un semplice tasto “condividi” di mettere potenzialmen- te a disposizione di tutto il mondo un contenuto. Il diritto purtroppo non ha gli stessi tempi di evolu- zione della tecnologia e quindi ci troviamo attualmen- te in una situazione “schizofrenica”, in cui miliardi di utenti hanno a disposizione tecnologie pensate ad hoc per diffondere i contenuti, mentre le norme giu- ridiche si mostrano ancora pesantemente impostate secondo parametri tipici del mondo predigitale. 100 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica 1.2. Il diritto d’autore sul web: due piani separati Una soluzione (benché forzata) a questa discra- sia tra diritto e società è quella di agire non tan- to sul piano della legge in senso stretto quanto su quello contrattuale. Soggetti come Facebook, Go- ogle, Twitter, si pongono spesso come più veloci e agili rispetto ai tempi dei legislatori, dunque non fanno altro che scrivere le regole dei loro servizi e farle accettare agli utenti secondo un meccanismo contrattuale. Tutte le volte che qualcuno si iscrive a questi servizi deve accettarne i termini d’uso, al di là del fatto che li abbia realmente letti e compresi. Quelle regole sono scritte da soggetti privati e commerciali e quindi hanno solo una valenza con- trattuale. Tuttavia non si può sottovalutarne la portata, se ad esempio pensiamo alle dimensioni dell’utenza di Facebook (che numericamente su- pera la popolazione di una nazione come la Cina). Ciò aggiunge ovviamente complessità al problema perché l’utente che genericamente naviga su Internet in cerca di un’opera creativa da riutilizzare deve di volta in volta non solo interrogarsi su quali siano le norme giuridiche che regolamentano i diritti su quell’opera (impresa già non facile, vista la transnazionalità di un medium come Internet), ma anche verificare i termi- ni d’uso della piattaforma in cui ha reperito l’opera. È comunque importante tenere presente che, con buona pace delle più fantasiose leggende metropoli- tane che vorrebbero Internet come “far west” anche in questo campo, il diritto d’autore esiste anche sui contenuti digitali e diffusi tramite Internet e funzio- na con gli stessi meccanismi del “vecchio mondo” delle copie fisiche. Che poi su Internet la copia e la 101 simone aliprandi diffusione di opere risulti ben più facile e che la con- divisione è una delle caratteristiche tipiche di questo nuovo medium, è tutt’altra faccenda. 2. Meccanismi di base del diritto d’autore italiano 2.1. La legge italiana sul diritto d’autore I principi qui illustrati sono riferiti al diritto italia- no, anche se sono comuni alle principali legislazioni in cui esiste la tutela delle opere creative, in virtù dei vari trattati internazionali che hanno stabilito una se- rie di pilastri condivisi. Il testo di riferimento per la normativa italiana è la legge 633 del 1941, che ha su- bito varie modifiche nei decenni successivi, tra cui le più sostanziali dagli anni Novanta ad oggi, per effetto del recepimento di alcune importanti direttive euro- pee in materia di diritto d’autore. 2.2. Una tutela “automatica”. Il copyright come “closed by default” Uno degli aspetti su cui circolano spesso equivo- ci è la modalità con cui si acquisisce il diritto d’au- tore. Molti pensano, erroneamente, che il diritto d’autore su una propria opera creativa si acquisisca attraverso la registrazione dell’opera presso un pub- blico ufficio, come avviene per i marchi e per le in- venzioni brevettabili. In realtà, l’autore acquisisce i diritti di tutela sulla propria opera con la semplice creazione dell’opera stessa, ovviamente a condizio- 102 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica ne che questa rientri nelle tipologie di opere con- template dalla legge sul diritto d’autore (si vedano gli articoli 1 e 2 della legge 633/1941) e presenti il requisito essenziale del carattere creativo (cioè il fatto che l’opera sia sufficientemente nuova e ori- ginale e non la semplice riproduzione di qualcosa già creato da altri o una mera elencazione di dati). Da questo principio deriva una regola aurea per colo- ro che vogliono utilizzare opere creative esistenti, che potremmo enunciare così: se l’opera non l’ho creata io, allora l’avrà creata qualcun altro e, quindi, qual- cun altro deterrà i diritti d’autore su di essa. Al di là del fatto che ci sia una nota sul copyright, dunque, devo astenermi da qualsivoglia utilizzo e devo chie- dere uno specifico permesso al titolare, a meno che io sia sicuro che questi diritti siano scaduti, che si tratti di un caso di “libera utilizzazione” consentito espres- samente dalla legge (vedi paragrafo più avanti) o che l’opera sia rilasciata con una licenza di libero utilizzo. Si può quindi affermare che il copyright è un siste- ma “closed by default”, in cui la tutela è la regola e il libero utilizzo è l’eccezione. Il seguente schema cerca di esprimere graficamente questo concetto e funge- re da mappa concettuale di ciò che spiegheremo nei prossimi paragrafi. 2.3. Diritti d’autore e diritti connessi Con l’espressione “diritto d’autore” (o “copyright”) si intende più comunemente l’insieme dei diritti che la legge italiana chiama “diritti di utilizzazio- ne economica”: diritti indipendenti l’uno dall’al- tro che nascono in capo all’autore con la semplice creazione dell’opera e dei quali egli può disporre 103 simone aliprandi Fig. 1 | Mappa concettuale del diritto d’autore. in massima libertà attraverso licenze e contratti di cessione dei diritti. Essi sono definiti dagli artico- li da 12 a 19 delle legge 633/1941 e sono il diritto esclusivo di riprodurre l’opera, di trascrivere l’ope- ra, di eseguire, rappresentare, recitare in pubblico l’opera, di comunicare al pubblico l’opera, di distri- buire e mettere a disposizione del pubblico l’ope- ra, di tradurre, rielaborare e riadattare ad altri con- testi l’opera, di noleggiare e dare in prestito l’opera. L’autore è titolare anche di diritti relativi più che altro all’aspetto morale e reputazionale: i cosiddetti dirit- ti morali d’autore (articoli 20 e seguenti della legge 633/1941), come appunto il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deforma- zione, mutilazione o altra modificazione, e a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore. Oltre ai diritti più propriamente appartenenti all’au- tore (cioè a colui che ha lo spunto creativo e lo estrin- seca sotto forma di opera dell’ingegno), esistono altri 104 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica diritti che tutelano attività che permettono la fruizio- ne e la diffusione dell’opera: questi diritti, chiamati appunto diritti connessi, sono ad esempio i diritti di produzione fonografica, di produzione cinematogra- fica, di emissione radiofonica e televisiva, di interpre- tazione ed esecuzione. 2.4. Il pubblico dominio Fatta eccezione per i diritti morali, che sono ine- stinguibili e possono essere esercitati “in eterno” anche dagli eredi, tutti gli altri diritti hanno una scadenza prestabilita per legge: 70 anni dalla morte dell’autore per i diritti d’autore (o nel caso di opere create da più persone, di tutti gli autori); 50 o 70 anni (a seconda dei casi) dalla data della fissazione/produ- zione per i diritti connessi. Trascorsa quella scadenza l’opera diventa di pubblico dominio, cioè patrimonio dell’umanità, e quindi di libero utilizzo senza neces- sità di chiedere autorizzazione al titolare dei diritti. In alcuni casi, per effetto di una precisa disposizione di legge, le opere dell’ingegno sono fin dall’origine prive di tutela; possiamo parlare di “public domain by law”. Ad esempio, in Italia ciò avviene per gli atti ufficiali dello Stato e delle pubbliche amministrazio- ni (articolo 5 legge 633/1941) e negli Stati Uniti per tutti i contenuti prodotti da dipendenti del governo federale nello svolgimento delle loro mansioni1. 1 Per un approfondimento sul tema del pubblico dominio si ri- manda alla video lezione “Quando il copyright finisce: il pubbli- co dominio” liberamente disponibile al sito www.musica361.it/ quando-il-copyright-finisce/. 105 simone aliprandi 3. Come e quando è possibile utilizzare opere coperte da diritti 3.1. “Fair use” e libere utilizzazioni Alcuni ordinamenti giuridici contemplano il princi- pio secondo cui il diritto d’autore debba farsi da parte quando le opere tutelate vengano utilizzate in contesti che non possono creare un concreto danno agli interes- si commerciali dei titolari dei diritti; o più in generale in quei casi in cui l’interesse pubblico alla diffusione dell’informazione e della conoscenza debba prevalere sull’interesse privato alla tutela esclusiva di un’opera. In alcuni ordinamenti si parla di “fair use”, in altri di “fair dealing”, in altri ancora di “libere utilizzazioni” o “eccezioni al diritto d’autore” (come nel caso italiano). Le principali eccezioni al diritto d’autore previste dalla legge italiana sono disciplinate dagli artico- li dal 65 al 71-quinquies e rappresentano un elenco tendenzialmente chiuso; ciò implica che non è pos- sibile farne interpretazioni molto estensive e vanno sempre comunque considerate come fattispecie ec- cezionali. In questa sede, invitiamo a dedicare par- ticolare attenzione all’articolo 68 e all’articolo 70. Il primo definisce libera “la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, fatta a mano o con mezzi di riproduzione non ido- nei a spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico”; e definisce libera anche “la fotocopia di opere esisten- ti nelle biblioteche accessibili al pubblico o in quelle scolastiche, nei musei pubblici o negli archivi pubbli- ci, effettuata dai predetti organismi per i propri servi- 106 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica zi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto”; e infine si occupa della fotocopia fatta invece dai singoli utilizzatori, la quale deve ri- manere nei limiti del 15% del volume o fascicolo. Tuttavia, la norma più centrale per le libere utilizza- zioni in campo didattico e scientifico è l’articolo 70, al quale nel 2008 è stato aggiunto un nuovo comma 1bis appositamente pensato per le nuove frontiere della comunicazione digitale e telematica. Visto l’im- portanza della norma, è il caso di riportarla integral- mente e di farne un breve commento. A. Riproduzione di brani ai fini di insegnamento 1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discus- sione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ri- cerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per fi- nalità illustrative e per fini non commerciali. Questo primo comma copre già buona parte dei più comuni usi effettuati in ambito didattico e accademico. La norma si occupa di tutti quei casi in cui, per discu- tere, commentare, spiegare, criticare un’opera tutelata da diritto d’autore sia necessario riproporla sotto forma di riassunto, di parafrasi o di estratto (restano quindi esclusi utilizzi dell’opera nella sua interezza). Tali atti- vità sono consentite anche senza l’autorizzazione del ti- tolare dei diritti, a condizione che si tratti effettivamen- te di quegli usi, dunque senza che vi sia una semplice e pedissequa riproposizione dell’opera e senza che l’uso possa entrare in diretta concorrenza con lo sfruttamen- 107 simone aliprandi to economico dell’opera che viene fatto dal titolare dei diritti. Viene poi individuata una variante specifica di questa fattispecie nel cosiddetto uso didattico o di ri- cerca. In questo caso la norma precisa che riassunto, citazione o riproduzione devono avere finalità illustra- tive e comunque non commerciali, lasciando però alla giurisprudenza il compito di tracciare con maggiore precisione i confini di questi concetti (effettivamente passibili di diverse interpretazioni). B. Riproduzione attraverso internet 1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari compe- tenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma. Questo comma 1-bis è il frutto di una novella legisla- tiva risalente al febbraio 2008 e palesemente dettata dalle nuove istanze poste dal cosiddetto web 2.0, in cui la condivisione di contenuti in rete è diventata un ingrediente essenziale. La norma ha un’enunciazio- ne un po’ infelice per l’indeterminatezza di concet- ti come “bassa risoluzione” e “degradato” ma la sua ratio sembra abbastanza chiara. Tra l’altro, ha le sue radici storiche in uno spiacevole episodio che ha visto nel 2007 un insegnante di scuola media vittima di una richiesta da parte della SIAE di circa 4700 euro proprio a titolo di diritti di utilizzo per immagini pub- blicate a scopo divulgativo su Internet. Il professore in 108 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica questione, un insegnante di Cesena, aveva infatti cre- ato un sito in cui metteva a disposizione a titolo gratu- ito materiale utile per arricchire e completare lezioni ed esercitazioni (tra cui anche più di 70 di immagi- ni digitali di quadri di autori non ancora in pubblico dominio, come Picasso, Marinetti, Klee). La vicenda aveva creato abbastanza scalpore e ciò ha portato il le- gislatore a intervenire sul testo dell’art. 70. Si noti poi che il decreto ministeriale cui si riman- da risulta non ancora emanato alla data di stampa del presente saggio (giugno 2017, quindi a 10 anni dall’entrata in vigore di questo comma). C. Riproduzione in testi scolastici 2. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regola- mento, il quale fissa la modalità per la determinazione dell’equo compenso. Questo comma 2 fa invece riferimento a una nor- ma di secondo livello: l’art. 22 del Regolamento di esecuzione (Regio Decreto n. 1369 del 1942), il quale al primo comma precisa: “la misura della riproduzio- ne di brani di opere letterarie o scientifiche in anto- logie ad uso scolastico, a’ sensi del secondo comma dell’art. 70 della legge, non può superare, per ciascu- na antologia e nei confronti dell’opera dalla quale i brani sono riprodotti, se si tratta di prosa, dodicimi- la lettere, se si tratta di poesia, centottanta versi, con un ulteriore margine di altri trenta versi ove ciò si renda necessario per assicurare al brano riprodotto un senso compiuto. La misura della riproduzione in antologie, qualora si tratti di opera musicale, non può superare venti battute. Trattandosi di antologie 109 simone aliprandi cinematografiche costituite da parti di opere cinema- tografiche diverse, la misura della riproduzione non può superare cinquanta metri di pellicola”. 3. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si trat- ti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta. Infine, il comma 3 ribadisce in forma di norma giu- ridica alcuni accorgimenti che comunque dovrebbero già far parte della buona prassi accademica, cioè quel- li di indicare correttamente la fonte di cui è stato effet- tuato un riassunto, una citazione o una riproduzione. 4. Le licenze open (Creative Commons e simili) Oltre ai casi di libera utilizzazione previsti dalla leg- ge sul diritto d’autore (e già dettagliati nei paragrafi precedenti), può succedere che sia lo stesso titolare dei diritti a preferire che la sua opera circoli libera da alcuni dei principali vincoli del copyright. In tal caso egli può ricorrere all’applicazione di apposite licen- ze d’uso ispirate al modello che comunemente viene chiamato open content o copyleft, di cui le licenze Creative Commons rappresentano l’estrinsecazione più nota. Cerchiamo quindi di comprenderne i prin- cipi di fondo e il funzionamento concreto. 4.1. Radici storiche del fenomeno L’idea di utilizzare lo strumento della licenza d’u- so per “liberare” un’opera creativa dalle maglie del 110 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica copyright nasce negli anni ottanta in ambito infor- matico e più precisamente in seno al Progetto GNU, inaugurato da Richard Stallman (ricercatore presso il MIT di Boston). In quegli anni il governo ameri- cano aveva approvato la legge che sottoponeva an- che il software alla tutela del copyright, aprendo la strada all’industria del software proprietario e a co- dice sorgente chiuso. Il gruppo di hacker guidato da Stallman voleva invece trovare il modo di con- trastare questa deriva, facendo sì che comunque vi fosse del software liberamente distribuibile, modifi- cabile e corredato del codice sorgente (da cui “open source”). Da lì l’idea di redigere il testo della GNU General Public License (anche nota con l’acroni- mo GPL), capostipite delle licenze open, nonché tutt’oggi la licenza di software libero più utilizzata. Negli anni novanta, con l’avvento di Internet e di tut- to il fenomeno di creatività digitale e indipendente a esso connesso, si avvertì l’esigenza di sperimentare lo stesso modello anche al di là della creatività stret- tamente informatica. Iniziarono, quindi, a comparire le prime bozze di licenze per opere musicali, testua- li, grafiche e fotografiche; lo stesso Progetto GNU predispose la Free Documentation License (FDL) pensata per rilasciare liberamente la documentazio- ne informatica e successivamente utilizzata come prima licenza dell’enciclopedia libera Wikipedia. Fu però solo con il nuovo millennio e con l’esplo- sione di Internet come fenomeno di massa che qual- cuno pensò di predisporre un set di licenze che po- tessero funzionare per tutti i tipi di opere creative (a esclusione del software) e che risultassero particolar- mente intuitive e di facile utilizzo anche per i non esperti. Nacque così nel 2002 la prima versione delle 111 simone aliprandi licenze Creative Commons, oggi arrivate alla quar- ta versione e diventate in assoluto le licenze open content più utilizzate dal popolo dei creativi digitali. Nonostante le licenze per contenuti liberi siano nu- merose, le licenze Creative Commons si stanno im- ponendo come il modello più conosciuto e diffuso, tant’è che molti progetti dediti alla promozione della cultura aperta sfruttano proprio queste licenze. È an- che per questo motivo che in questi prossimi para- grafi ci focalizzeremo su queste licenze; ma si tenga presente che i principi generali e meccanismi di base valgono sostanzialmente per tutte le licenze ispirate al modello open. 4.2. Il concetto di licenza e i meccanismi del licensing Per comprendere appieno il funzionamento delle licenze Creative Commons bisogna fare qualche con- siderazione generale sul concetto di licenza d’uso per opere creative e poi più specificamente su quello di licenza open content. Genericamente, in ambito giuridico, con il termine licenza si indica un atto autorizzativo, la concessione di un permesso; ricordiamo infatti l’etimologia latina di licenza, da licēre che appunto significa “permette- re”, “autorizzare”. Nel diritto della proprietà intellettuale, una licenza è quindi l’atto con cui il titolare dei diritti esclusivi su un’opera (licenziante) concede il permesso di uti- lizzare l’opera stessa a un altro soggetto (licenziata- rio), stabilendo contestualmente una serie di limiti e condizioni. Il mancato rispetto di questi termini d’uso comporta la violazione del rapporto giuridico e quindi l’automatico venir meno dell’autorizzazione 112 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica stessa. Nel modello open licensing, solo il licenziante è un soggetto definito, mentre il licenziatario è indefi- nito: cerchiamo ora di capire meglio in che senso. Il licenziante è normalmente colui che detiene i diritti sull’opera e solitamente è l’autore stesso oppure altro titolare dei diritti (come la casa editrice, l’etichetta di- scografica…). Egli, quando diffonde la sua opera, vi allega il testo della licenza d’uso e segnala in modo chiaro che chiunque volesse utilizzare l’opera dovrà semplicemente attenersi a quanto indicato nella li- cenza (oltre ovviamente a rispettare quanto più ge- neralmente previsto dai principi del diritto d’autore). Questo “chiunque”, facendosi implicitamente parte del rapporto contrattuale proprio per effetto dell’uti- lizzo dell’opera, diventa così il licenziatario; si spiega ora perché poco sopra abbiamo parlato di un licenzia- tario indefinito. In estrema sintesi possiamo quindi dire che la licenza rappresenta un permesso condi- zionato (e concesso a priori) per l’utilizzo dell’opera. 4.3. Le sei (+ una) licenze Creative Commons Come anticipato, le licenze Creative Commons sono licenze pensate per poter funzionare con tutti i tipi di opere creative e in modo da poter essere tra- dotte e adattate ai vari ordinamenti giuridici; inoltre la loro struttura si articola in clausole modulari che permettono all’autore di decidere quali usi consenti- re per la sua opera, a quali condizioni e in quali con- testi: in poche parole, consentono all’autore di gra- duare la libertà di utilizzo dell’opera, chiarendone le condizioni. Attualmente le licenze Creative Commons sono sei e prendono il nome dalle clausole in esse contenute. 113 simone aliprandi In un ordine dalla più permissiva alla più restrittiva esse sono: * Attribuzione; * Attribuzione – Condividi allo stesso modo; * Attribuzione – Non opere derivate; * Attribuzione – Non commerciale; * Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo; * Attribuzione – Non commerciale – Non opere deri- vate. Fig. 2 | Le sei licenze Creative Commons disposte dalla più libera alla più restrittiva. Le licenze Creative Commons (come per altro gran parte delle licenze sul modello open) si strutturano idealmente in due parti: una prima parte in cui si in- dicano quali sono le libertà che l’autore vuole conce- dere sulla sua opera; e una seconda parte che chiari- sce le condizioni che l’autore impone per utilizzare l’opera. 114 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica Riguardo alla prima parte (libertà), tutte le licenze consentono la copia e distribuzione dell’opera, preci- sando: Tu sei libero di condividere — riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappre- sentare, eseguire e recitare questo materiale con qual- siasi mezzo e formato. Solo alcune invece consentono anche di fare mo- difiche e rielaborazioni dell’opera (cioè di realizzare “opere derivate”), precisando: Tu sei libero di modificare — remixare, trasforma- re il materiale e basarti su di esso per le tue opere per qualsiasi fine. Riguardo alla seconda parte (le condizioni impo- ste), bisogna notare che le licenze Creative Commons si articolano in quattro clausole base, che l’autore può scegliere e combinare a seconda delle sue esigenze. Vediamole nel dettaglio. Attribuzione. Devi riconoscere una menzione di pa- ternità adeguata, fornire un link alla licenza e indicare se sono state effettuate delle modifiche. Puoi fare ciò in qualsiasi maniera ragionevole possibile, ma non con mo- dalità tali da suggerire che il licenziante avalli te o il tuo utilizzo del materiale. Questa clausola è presente di default in tutte le li- cenze. Essa indica che, ogni volta che utilizziamo l’o- pera, dobbiamo segnalare in modo chiaro chi è l’au- tore così da evitarne usi distorti. 115 simone aliprandi Non Commerciale. Non puoi utilizzare il materiale per scopi commerciali. Significa che, se distribuiamo copie dell’opera, non possiamo farlo in una maniera tale che sia preva- lentemente intesa o diretta al perseguimento di un vantaggio commerciale o di un compenso monetario privato. Per farne tali usi, è necessario chiedere uno specifico permesso all’autore. Non Opere Derivate. Se remixi, trasformi il materiale o ti basi su di esso, non puoi distribuire il materiale così modificato. Quindi se vogliamo diffondere modifiche o rielabo- razioni dell’opera, dobbiamo chiedere uno specifico permesso all’autore originario. Stessa Licenza (Share Alike). Se remixi, trasformi il materiale o ti basi su di esso, devi distribuire i tuoi contri- buti con la stessa licenza del materiale originario. Questa clausola (un po’ come succede nell’ambito del software libero) garantisce che le libertà concesse dall’autore sull’opera originaria si mantengano anche sulle opere derivate da essa (e su quelle derivate dalle derivate, con un effetto a cascata). Altra peculiarità di queste licenze è quella di es- sere espresse in tre diverse forme. La licenza vera e propria è detta Legal Code: è un testo abbastanza lungo, denso di concetti giuridici e tendenzialmente comprensibile da coloro che hanno una formazione di tipo giuridico. È questa la licenza che verrà esami- nata dal giudice qualora emergesse una controversia legale sull’uso dell’opera licenziata. Tuttavia, Creative Commons ha pensato anche di riassumere i concet- 116 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica ti essenziali delle licenze in versioni sintetiche (i co- siddetti Commons Deed) facili da capire anche per i semplici utenti e contraddistinte da efficaci icone che richiamano graficamente il senso delle clausole presenti. Inoltre, ogni licenza è contraddistinta da alcune righe di linguaggio informatico (il cosiddetto Digital Code) che fungono da metadati, ovvero da in- formazioni digitali da incorporare nei file delle opere, grazie alle quali i motori di ricerca sono in grado di individuare e riconoscere correttamente le opere che li contengono. Oltre alle succitate sei licenze, Creative Commons mette a disposizione un apposito tool utilizzabile per rilasciare opere creative in un regime di pubblico do- minio artificiale. Sappiamo infatti che normalmente un’opera dell’ingegno diventa di pubblico dominio quando sono scaduti i 70 anni dalla morte dell’autore o quando la legge prevede che il diritto d’autore non sia applicabile. Con lo strumento chiamato CC0 (CC Zero) l’autore di un’opera può decidere di rilasciarla fin da subito in una condizione di pubblico dominio; ciò avviene allegando all’opera il testo o il link (al pari di quanto avviene per le licenze) di un atto di rinun- cia (waiver) con cui il detentore dei diritti d’autore si impegna pubblicamente e irrevocabilmente a non esercitarli. Fig. 3 | Il banner che identifica un’opera rila- sciata con CC Zero. 117 simone aliprandi 4.4. Come applicare una licenza Creative Commons alla propria opera Abbiamo già spiegato che il principio di fondo è semplicemente quello di “allegare” la licenza all’o- pera, in modo che l’utilizzatore possa essere mes- so in condizione di conoscere le libertà concesse dal licenziante nonché le relative condizioni d’uso. La prassi più diffusa e consigliabile è quella di ag- giungere un chiaro disclaimer con il nome esteso del- la licenza e l’indirizzo web in cui è disponibile il testo integrale della licenza. Nel caso di opere in formato digitale e diffuse tramite internet il tutto risulta par- ticolarmente facile, dato che è sufficiente aggiungere una nota nella pagina web in cui “risiede” il file dell’o- pera creativa. Teniamo presente che Creative Com- mons non prende in deposito le opere e non tiene traccia degli utilizzi delle licenze; la corretta applica- zione delle sue licenze è quindi mera responsabilità dei licenzianti. Il sito ufficiale di Creative Commons (all’indirizzo https://creativecommons.org/choose/) offre un’utile procedura guidata che, attraverso una serie di do- mande, accompagna l’utente nella scelta della licen- za più opportuna e genera automaticamente il codice html con il disclaimer e il link alla licenza. Non solo: il codice fornito da Creative Commons ha anche la funzione di metatag, cioè inserisce nel codice sorgen- te della pagina web delle informazioni aggiuntive sul tipo di licenza scelta ma anche sull’autore e sul tipo di opera; queste informazioni, rispettando gli stan- dard del cosiddetto “web semantico”, permettono ai motori di ricerca di reperire più facilmente ed effica- cemente le opere. 118 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica Fin qui abbiamo parlato dell’applicazione delle li- cenze CC a opere diffuse attraverso Internet in for- mato digitale, essendo questo l’habitat originario di licenze come le Creative Commons. Tuttavia, se invece l’opera viene distribuita su supporto fisico, il disclaimer può essere apposto dove normalmente si trovano i dati di edizione e produzione dell’opera; per esempio nel colophon di un libro, nel booklet di un CD musicale, nella cover di un DVD video. 4.5. Come trovare opere sotto licenza Creative Commons Ora che abbiamo spiegato il sistema di metatag utilizzato da Creative Commons, è più facile com- prendere che non esiste un vero e proprio database di opere sotto licenza CC e che al contrario esse si trovano sparse nell’oceano di Internet. Semplice- mente, se il licenziante ha proceduto correttamente, un qualsiasi motore di ricerca impostato per esse- re sensibile ai metatag (e i principali hanno questa caratteristica) potrà trovare l’opera che stiamo cer- cando secondo le caratteristiche (anche di licenza) che desideriamo. Per esempio, lo stesso Google in modalità “Ricerca Avanzata” offre un’opzione di ri- cerca basata sui diritti di utilizzo. In alternativa è possibile utilizzare un motore predisposto specifi- camente da Creative Commons (https://ccsearch. creativecommons.org/) oppure quello realizzato da Creative Commons Corea (http://eng.letscc.net/). Ci sono poi siti web che offrono servizi di hosting, pubblicazione e catalogazione di opere sotto licenze CC, quindi un’ulteriore alternativa è quella di cercare all’interno dei loro database. Gli esempi più noti sono Jamendo per le opere musicali, Flickr per le opere fo- 119 simone aliprandi tografiche, Wikimedia Commons più genericamente per immagini, filmati e testi, Vimeo per video, Slide- Share per le presentazioni; anche lo stesso YouTube consente l’utilizzo di una sola delle sei licenze CC. Fig. 4 | Il motore di ricerca realizzato da Creative Commons (https://ccsearch.creativecommons.org/). 5. Workflow per l’utilizzatore di opere creative Sulla base dei principi sinteticamente illustrati fin qui, è possibile costruire un workflow basato su que- siti e risposte che guidano verso un comportamento ottimale da parte di chi voglia riutilizzare un’opera dell’ingegno creata da terzi. Una volta individuata l’opera da utilizzare, innanzi- tutto chiediti… 120 il diritto d’autore e le licenze open nella didattica Step 1) Si tratta di un’opera per cui la legge dispone a priori che non vi sia un diritto d’autore (“public do- main by law”)? -- Sì → usala senza problemi -- No → allora chiediti… Step 2) Sono per caso scaduti tutti i diritti d’autore e connessi sull’opera? -- Sì → usala senza problemi -- No → allora chiediti… Step 3) Il tipo di utilizzazione che voglio fare ricade in uno dei casi di “fair use” o di “libera utilizzazione” previsti dalla legge (eccezioni al diritto d’autore)? -- Sì → usala ma nei limiti imposti dalla legge per il singolo caso -- No → allora chiediti… Step 4) L’opera proviene da una piattaforma che definisce particolari condizioni d’uso per i contenuti creativi? -- Sì → verifica i termini d’uso e usala nei limiti indicati -- No → allora chiediti… Step 5) L’opera è rilasciata sotto una licenza pubbli- ca che ne consente alcune utilizzazioni (tipo Creative Commons)? -- Sì → usala ma nei limiti descritti dalla licenza ap- plicata -- No → contatta il titolare dei diritti e chiedi il permes- so (scritto) di utilizzarla 121 simone aliprandi Per approfondire Questo saggio rappresenta ovviamente un excursus molto sintetico su una materia in realtà complessa e ampia. Per maggiori approfondimenti si rimanda alla lettura dei libri Capire il copyright. Percorso guidato nel diritto d’autore (edito da Ledizioni nel 2012 e di- sponibile online al sito https://aliprandi.org/books/ capire-copyright/) e Creative Commons: manuale ope- rativo (edito da Ledizioni nel 2013 e disponibile al sito https://aliprandi.org/books/manuale-cc/), non- ché alla fruizione del videocorso sul diritto d’autore realizzato nel 2016 per il sito Musica361 (disponibile al sito www.musica361.it/videocorso-sul-diritto-au- tore/). Si rimanda anche al profilo SlideShare www. slideshare.net/simonealiprandi in cui si possono tro- vare più di cento presentazioni a slides, mappe con- cettuali, articoli e altri documenti utili. 122 Capitolo 6 Navigazione online e riflessi penali: spunti per i docenti Riccardo Colangelo 1. Introduzione Durante l’attività formativa svolta nell’ambito della Rete Didattica Digitale Pavese, ha trovato conferma la proficuità, per gli “animatori digitali” e, più in ge- nerale, per i docenti, di un approccio specialistico alle tante e multiformi problematiche che la capillare dif- fusione e l’assiduo utilizzo di dispositivi connessi ad Internet pongono non solo ai cultori del diritto, ma anche a chi si trova a doverlo conoscere e rispettare. Non solo: è emerso – direttamente dagli stessi do- centi che si preparano ad “animare” alla conoscenza ed all’uso delle tecnologie gli Istituti ai quali apparten- gono – anche il bisogno di avere una visione d’insie- me delle condotte, costituenti reato, che possono es- sere messe in atto nel corso della navigazione in Rete. Tale esigenza, che ben può risentire della partico- lare e contingente attenzione sociale alle tematiche correlate ai comportamenti devianti on line, trova riccardo colangelo tuttavia origine nella crescente consapevolezza dei rischi che gli studenti (e non solo) possono correre durante la quotidiana attività di navigazione1. Condensare in poche righe o nei minuti usualmen- te concessi per un intervento considerazioni giuridi- che particolarmente complesse ben può essere consi- derata un’operazione ardua e che potrà risultare non particolarmente accattivante per l’uditorio. È, tuttavia, la richiesta e la scelta della tematica, avanzata dagli stessi “animatori digitali”, a fornire all’intervento una singolare valenza: se padroneggia- re una visione d’insieme delle condotte on line penal- mente rilevanti non renderà gli “animatori digitali” degli esperti di diritto dell’informatica, consentirà comunque loro, anche in forza del particolare ruolo rivestito, di poter riconoscere dei campanelli d’allar- me e di fornire alcuni consigli preliminari a studenti e colleghi. Ciò non può che completare quanto stabilito dall’a- zione 28 del PNSD, laddove si definisce l’animatore digitale “figura fondamentale per l’accompagnamen- to del Piano Nazionale Scuola Digitale”, riconoscen- dogli un “ruolo strategico nella diffusione dell’inno- vazione a scuola”. Prima di affrontare – senza pretesa di completezza ed avuto riguardo all’assenza di competenze specifi- che nell’uditorio – la tematica affidata, è opportuno ripresentare brevemente una tesi che ho già soste- nuto e commentato con gli “animatori digitali” nei 1 Si rimanda in argomento a quanto emerge da due recenti ri- cerche IPSOS (“Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen” e “Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen”) rese note in occasione del Safer Internet Day 2017 e visionabili all’URL di seguito indi- cato: http://bit.ly/2letHwn. 124 navigazione online e riflessi penali moduli concernenti la diffamazione on line ed il cy- berbullismo: Internet non può essere considerato, sic et simpliciter, un mondo virtuale2. Affermando il contrario, in una Rete considerata quale “simulatore” di realtà, ogni declinazione del concetto di responsabilità andrebbe sostanzialmente svuotandosi di ogni contenuto. In tal senso, la navigazione on line verrebbe con- siderata come un’attività tendenzialmente innocua, priva di ricadute sulla realtà e svincolata da ogni e qualsivoglia regola che disciplina comunemente la vita di relazione. 2. Reati informatici e reati “commessi mediante mezzi informatici” Così non è, in quanto l’utilizzo di strumenti infor- matici ben può essere finalizzato al perseguimento di finalità illecite. In argomento, in dottrina si parla comunemente di computer crimes3, ma è bene tenere presente che non si tratta di mere speculazioni teoriche. Esiste, infatti, un catalogo di veri e propri “reati in- formatici”, introdotti nel codice penale e/o modificati dalla l. 547/1993 e dalla l. 48/2008 (ratifica della Con- venzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità in- formatica). 2 Per una più approfondita e meglio argomentata esposizione di tale tesi si rimanda a: RICCARDO M. COLANGELO (2016), Diritto all’oblio e corpo in Internet. Alcune problematiche dell’indi- cizzazione di immagini dimenticate, in: “Comunicazioni Sociali”, Università Cattolica, n. 2, pp. 187-196. 3 Cfr. DAVID D’AGOSTINI (2007), Diritto penale dell’informatica. Dai computer crimes alla digital forensics, Forlì, Experta edizioni. 125 riccardo colangelo Le fattispecie ascrivibili a questa species, in partico- lare, sanzionano anche condotte poste in essere on line (o, comunque, servendosi di strumenti informa- tici), quasi sempre da parte di chiunque4. Di seguito, una succinta elencazione dei più rile- vanti: * Art. 491 bis c.p. – [Falsità dei] documenti informatici * Art. 615 ter c.p. – Accesso abusivo ad un sistema infor- matico o telematico * Art. 615 quater c.p. – Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici * Art. 615 quinquies c.p. – Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggia- re o interrompere un sistema informatico o telematico * Art. 617 quater c.p. – Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o te- lematiche * Art. 617 quinquies c.p. – Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comuni- cazioni informatiche o telematiche * Art. 617 sexies c.p. – Falsificazione, alterazione o sop- pressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche * Art. 635 bis c.p. – Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici * Art. 635 ter c.p. – Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità * Art. 635 quater c.p. – Danneggiamento di sistemi infor- matici o telematici 4 In tal senso è possibile specificare che le fattispecie delittuose in analisi sono per la quasi totalità reati comuni. 126 navigazione online e riflessi penali Come si è anticipato, anche il tenore letterale delle norme conferma che, per compiere tali reati, non è necessario essere un vero e proprio criminale infor- matico, dotato di competenze superiori alla norma e di tecnologie particolarmente evolute o indisponibili ai più. Si pensi, ad esempio, al reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico: non è forse configurabile nella condotta dello studente che acce- da alla casella di posta elettronica della scuola5 o al registro elettronico, senza averne l’autorizzazione (e quindi “abusivamente”) e contro la volontà, anche ta- cita, degli aventi diritto ad escludere tale accesso? Similmente, non va sottovalutata pure la detenzio- ne e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici, reato che ben può configu- rarsi, a titolo esemplificativo, nel caso in cui chiun- que (nel nostro caso, sia studenti sia docenti o perso- nale tecnico-amministrativo) si procuri abusivamen- te o comunichi a terzi non autorizzati le credenziali per l’accesso a un sistema informatico o telematico, sempre che esso sia protetto da misure di sicurezza e che la condotta sia finalizzata ad arrecare danno ad altri, oppure ad ottenere, per sé o a vantaggio di terzi, un profitto. 5 La più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., sez. V pen., sent. n. 13057/2016) conferma che la casella di posta elettronica debba essere considerata un vero e proprio sistema informatico, protetto da password; inoltre, nell’ambito della pubblica amministrazione, la casella di posta elettronica istitu- zionale in uso al dipendente (se ed in quanto protetta da una password opportunamente personalizzata dal titolare) costitui- sce il di lui domicilio informatico, in quanto tale inviolabile da parte di chiunque, ivi compresi eventuali soggetti in posizione apicale nella stessa Amministrazione. 127 riccardo colangelo Ciò premesso, è opportuno precisare che non tutti gli illeciti penali che possono essere commessi du- rante la navigazione sono ascrivibili alla species dei “reati informatici”. Non vanno dimenticate, infatti, varie fattispecie di reato, previste dal codice penale prima dell’avvento dell’uso diffuso e massivo della Rete e che, cionono- stante, possono trovare applicazione anche relativa- mente a condotte poste in essere on line. Prima di procedere ad illustrare brevemente alcune delle norme incriminatrici rilevanti per i naviganti, è opportuno ricordare che, secondo la definizione di Seminara, sono definibili “reati cibernetici” sia i reati informatici in senso stretto, sia quelli “commessi me- diante mezzi informatici”6. 2.1 La sostituzione di persona Il delitto di sostituzione di persona è disciplinato dall’art. 494 c.p., il quale così dispone: Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantag- gio o di recare ad altri un danno, induce taluno in er- rore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribu- isce effetti giuridici, è punito se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica con la reclusio- ne fino a un anno. 6 In argomento, si veda: SERGIO SEMINARA (2014), voce “In- ternet (diritto penale), in Enciclopedia del Diritto - Annali VII, Milano, Giuffrè, pp. 567-606. Tale definizione ha il pregio di porre in evidenza che non solo le norme scritte ad hoc sono rilevanti per chi naviga in Internet. 128 navigazione online e riflessi penali Soprassedendo, in questa sede, dall’analisi della fattispecie, è comunque agevole notare l’assenza di riferimenti alla Rete; ciononostante, la norma può trovare applicazione anche in casi in cui la condotta incriminata sia stata posta in essere tramite “mezzi informatici”. In tal senso, e a mero titolo esemplificativo, può es- sere utile fare riferimento ad una recente pronuncia della Sezione V penale della Corte di Cassazione7, inerente al caso di un falso profilo aperto su Badoo. La Suprema Corte, delineando le premesse in fatto della decisione, afferma che, nel caso di specie il ricorrente ha creato un profilo sul social network Ba- doo denominato “[…]”, riproducente l’effige della per- sona offesa, con una descrizione tutt’altro che lusin- ghiera (ad esempio nelle informazioni personali era ri- portata la dicitura “Mangio solo cibo spazzatura e bevo birra… quando mi ubriaco vado su di giri”) e con tale falsa identità usufruiva dei servizi del sito, consistenti essenzialmente nella possibilità di comunicazione in rete con gli altri iscritti (indotti in errore sulla sua iden- tità) e di condivisione di contenuti (tra cui la stessa foto [della persona offesa]). Nella presente sentenza viene richiamata una pre- cedente pronuncia della medesima Sezione8, che considerava configurata l’ipotesi criminosa di cui all’art. 494 cp nella condotta di colui che crei ed utilizzi un “account” di posta elettro- nica, attribuendosi falsamente le generalità di un di- verso soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete internet nei confronti dei quali le false generalità siano 7 Cass., sez. V pen., sent. n. 25774/2014. 8 Cass., sez. V pen., sent. n. 46674/2007. 129 riccardo colangelo declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese9. In tal senso, la Corte di Cassazione riconosce, nel- la “descrizione di un profilo poco lusinghiero”, non solo la finalità di conseguire un vantaggio, in questo caso non patrimoniale, ma anche quella di arrecare un danno alla reputazione della persona offesa, cioè alla “immagine di sé presso gli altri”. È rilevante rimarcare come il giudizio di respon- sabilità dell’imputato, nel caso di specie, non si sia fondato solamente sulle dichiarazioni della persona offesa, ritenute peraltro particolarmente attendibili, bensì anche sulle risultanze delle indagini espletate dalla Polizia postale. Tale attività ha consentito di associare al profilo del sito Badoo la famiglia dell’imputato, attraverso l’individuazione dell’indirizzo IP del computer che aveva creato l’ac- count e, nell’ambito del nucleo familiare corrispon- dente all’utenza telefonica, di risalire all’odierno impu- tato, grazie all’analisi dell’hard disk del suo computer portatile. Questo rilievo è particolarmente significativo e ben può essere riportato ed utilizzato per dimostrare ai discenti che nascondersi dietro a un nickname o a un falso profilo non comporta la certezza di rimane- re indenni da eventuali conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla propria condotta in Internet. Si tenga presente, comunque, che servendosi della Rete è possibile porre in essere anche insidiose con- 9 Si specifica che “la persona offesa si ritrovò a ricevere telefonate da uomini che le chiedevano incontri a scopo sessuale”. 130 navigazione online e riflessi penali dotte fraudolente: si pensi, in particolare, al phishing on line. Per quanto in questa sede maggiormente interessa, è importante notare il terzo comma dell’art. 640 ter c.p., rubricato “Frode informatica”10: La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commes- so con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti. È chiaro, pertanto, che tale “indebito utilizzo”, se finalizzato a procurare un profitto ingiusto o ad ar- recare ad altri un danno non può essere considerato un mero scherzo, ma integra un vero e proprio reato. Sempre in argomento di account fake, è opportuno considerare anche un recente provvedimento del Ga- rante per la Protezione dei dati personali, datato 11 febbraio 201611. 10 “Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza di- ritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o program- mi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo com- ma dell’articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema. La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digi- tale in danno di uno o più soggetti. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o un’altra circostanza aggravante”. 11 Garante per la protezione dei dati personali, doc. web n. 4833448. 131 riccardo colangelo Nel caso di specie, il Garante, accolte le richieste del ricorrente, non solo ha ordinato a Facebook di comunicare in forma intelligibile al ricorrente tutti i dati che lo riguardano detenuti in relazione ai profili Facebook aperti a suo nome, nonché di fornire all’in- teressato informazioni circa l’origine dei dati”, ma ha anche imposto di “non effettuare, con effetto imme- diato […], alcun ulteriore trattamento dei dati riferiti all’interessato, inseriti nel social network dal falso account, con conservazione di quelli finora trattati ai fini della eventuale acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria. 2.2 Diffamazione La diffamazione costituisce anch’essa un tipico esempio di delitto che può essere commesso median- te “mezzi informatici”12. Il fatto tipico di tale delitto consiste nell’offesa dell’altrui reputazione, posta in essere comunicando con più persone. In tal senso, la diffamazione si dif- ferenzia dall’ingiuria – già prevista dall’art. 594 c.p., abrogato dal recente d.lgs. 7/201613 – la quale pre- supponeva l’offesa all’onore o al decoro di persona presente, anche “mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa14”. 12 Cfr. nota n. 8. 13 Attualmente, in materia di “illeciti civili sottoposti a sanzioni pe- cuniarie”, l’art. 4, comma 1, d.lgs. 7/2016 così dispone: “Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento ad euro ottomila: a) chi offende l’onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa”. 14 Così l’art. 594, comma 2, c.p. (abr.). 132 navigazione online e riflessi penali Per quanto maggiormente interessa in questa sede, è il terzo comma dell’art. 595 c.p. a prevedere quella che la dottrina ha definito “diffamazione mediatica”15: Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qual- siasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516. Si noti che il limite edittale massimo previsto per la pena pecuniaria di cui al comma 1 (“multa fino a euro 1032”) non trova applicazione in ordine alla “diffama- zione mediatica”, laddove il comma 3, come si è visto, prevede una multa di importo superiore ad euro 516. Ciò a riconferma che compiere reati on line non solo è possibile, ma spesso è anche considerato più grave e, pertanto, punito tendenzialmente in manie- ra più severa. Coloro che, in qualità di docenti, si trovano ad avere un contatto diretto con i giovanissimi, hanno il do- vere di trasmettere questo messaggio, il quale assu- me singolare rilevanza considerando la possibilità di porre in essere condotte diffamatorie (e/o ingiuriose) anche in Rete. Esse, inoltre, possono anche inserirsi in un conte- sto di cyberbullismo e, in tali casi, le conseguenze delle condotte sulle persone offese possono avere ri- svolti particolarmente insidiosi. Ciò è comprovato da una sentenza della Sezione V penale della Corte di Cassazione16, la quale ha espres- samente riconosciuto che una condotta diffamatoria 15 Cfr. MAURIZIO FUMO (2012), La diffamazione mediatica, Tori- no, Utet giuridica. 16 Cass., sez. V pen., sent. n. 23010/2013. 133 riccardo colangelo possa essere definita in concreto “deprecabile esempio di cyberbullismo”. Nel caso di specie, immagini della persona offe- sa, anche scattate all’interno del contesto scolastico e “mostranti il volto di questa inserita in un corpo di scimmia o piegata in avanti mentre l’indagata l’afferrava da dietro simulando un rapporto sessuale” erano state inserite in un blog visibile a chiunque, e corredate da commenti e conversazioni particolarmente offensive. Merita inoltre un cenno la responsabilità civile (in- diretta) dei genitori e dei docenti ex art. 2048 c.c.17. Nello specifico, la responsabilità civile dei genitori per i contenuti diffamatori postati dai figli – sempre che siano capaci di intendere e di volere – è confer- mata anche dalla giurisprudenza di merito. Ciò emerge in un tipico caso di hate speech, in cui i compagni di classe avevano aperto una pagina “con- tro” una loro pari sul social network Facebook. Il Tribunale civile di Teramo, con la sentenza n. 18/201218 ha espressamente confermato come i com- piti educativi e formativi dei genitori non possano essere assolti tramite il formale adempimento dell’o- nere educativo che il legislatore ha loro imposto, es- sendo necessario, per gli stessi educatori, verificare 17 Si ricordi che l’art. 2048 c.c. è rubricato “Responsabilità dei ge- nitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte” e che, al comma 2, prevede espressamente che “i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito provocato dai loro allievi e appren- disti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”, salvo che – come previsto dal comma 3 - provino di non aver potuto impe- dire il fatto. 18 Cfr. GIANNA ROSSI (2015), Internet e minori, Vicalvi, Key edi- tore, pp. 22- 23. 134 navigazione online e riflessi penali che i valori e gli insegnamenti impartiti siano stati ben compresi ed adeguatamente interiorizzati19. Infatti, al fine di non incorrere nella responsabilità di cui all’art. 2048 c.c., è necessaria la prova della ef- fettività dell’azione formativa, sulla base del presup- posto che l’onere educativo di cui alla succitata norma codicistica non consiste solo nella mera indicazione di regole, co- noscenze o moduli di comportamento, bensì pure nel fornire alla prole gli strumenti indispensabili alla co- struzione di relazioni umane effettivamente significati- ve per la migliore realizzazione della loro personalità20. Ciò a riconferma anche del fondamentale ruolo preventivo che pure i formatori possono e devono ri- vestire anche in relazione all’attività di navigazione di quanti sono ad essi affidati. 2.3 Il legislatore ed il cyberbullismo Proprio sulla tematica del cyberbullismo si è in- centrato un prolungato dibattito parlamentare: sono numerose, infatti, le proposte di legge e i disegni di legge presentati, nell’ambito della XVII legislatura, per prevenire e contrastare tale fenomeno. Alla pluralità di proposte (e di emendamenti), tutta- via, si associa una serie di definizioni di “cyberbulli- 19 L’art. 147 c.c., rubricato “Doveri verso i figli” dispone che “Il ma- trimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e ispirazioni, secondo quan- to previsto dall’art. 315-bis”. 20 Cfr. GIANNA ROSSI (2015), op. cit., p. 23. 135 riccardo colangelo smo” o di “atti di bullismo informatico”, le quali pre- sentano varie e rilevanti differenze. È vero, come si è visto, che alcune delle condotte che possono configurare un atto di cyberbullismo sono già previste e punite dalla legge penale, qualora ne ri- corrano i presupposti; d’altra parte, le definizioni con- tenute nelle proposte di legge risultano a volte a-tecni- che, oppure sovrabbondanti e particolareggiate. Potrebbe essere questo il caso, ad esempio, del bi- nomio “denigrazione, diffamazione”21 o, meglio, dell’espresso riferimento alla “esclusione deliberata di una persona da gruppi on-line al fine di provocare un sentimento di emarginazione”22, problematici, in una prospettiva de iure condendo, in relazione ad al- cuni atti parlamentari tramite i quali si intendeva so- stanzialmente introdurre nuove fattispecie di reato. Si tenga comunque presente che il Disegno di Legge “Ferrara”23 – approvato in via definitiva dalla Camera, senza modificazioni, il 17 maggio 201724 – prevede il ricorso alla procedura di ammonimen- to, già prevista per il reato di atti persecutori (il c.d. “stalking”) “fino a quando non è proposta querela 21 Art. 1, proposta di legge C 3607 presentata il 15 febbraio 2016 22 Art. 3, comma 1, lett. f ) della proposta di legge C 1986 presenta- ta il 23 gennaio 2014. 23 Il disegno di legge S.1261, che ha assorbito il d.d.l. S.1620, è stato presentato il 27 gennaio 2014 ed approva-to dal Senato il 20 maggio 2015. Approdato all’esame della Camera, è stato approvato con modificazioni il 20 settembre 2016 (proposta di legge C.3139 che ha assorbito quelle C.1986, C.2408, C.2435, C.2670, C.3576, C.3605, C.3607). Quindi il disegno di legge, sostanzialmente sovrapponibile alla prima versione e numerato S.1261-B, è stato approvato con modificazioni dal Senato in ter- za lettura in data 31 gennaio 2017 e trasmesso all’altro ramo del Parlamento (proposta di legge C.3139-B), che lo ha approvato in via definitiva il 17 maggio 2017. 24 http://www.camera.it/leg17/126?pdl=3139 136 navigazione online e riflessi penali o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594 [ingiuria (depenalizzato)], 595 [diffamazione] e 612 [minaccia] del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali […] commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne”. Anche questo rilievo risulta sicuramente significa- tivo in ordine alla dimostrazione della non seconda- ria rilevanza, anche penale, delle condotte poste in essere on line dai ragazzi (e non solo). Durante l’iter parlamentare, è da segnalare un ten- tativo di estensione non solo della nozione di cyber- bullismo, ma anche della disciplina conseguente25. Infatti, il testo della proposta di legge C 3139, così come approvato dalla Camera in data 20 settembre 2016, estendeva sic et simpliciter il potenziale profilo del cyberbullo e della vittima anche oltre la maggiore età, ma senza porre l’attenzione in maniera prepon- derante a quanto nasce in ambito scolastico o di ag- gregazione. In tal modo si sarebbe legittimamente assistito alla dubbia configurabilità di atti di cyberbullismo (o di bullismo)26 tra soggetti adulti, nonché alla potenziale conseguente facilità di rimozione di contenuti asseri- tamente riconducibili alla condotta di un cyberbullo. 25 In argomento, si rimanda a quanto argomentato nel seguente paper: RICCARDO M. COLANGELO (2017), Cyberbullismo e re- sponsabilità: Internet è veramente un mondo virtuale?, in corso di pubblicazione in PAOLO PASSAGLIA, DIANORA POLETTI (a cura di), Nodi virtuali, legami informali: Internet alla ricerca di regole, Pisa, Pisa University Press. 26 Il riferimento al bullismo, come si avrà modo di esplicitare, è stato soppresso nel testo del d.d.l. approvato dal Senato in terza lettura in data 31 gennaio 2017. 137 riccardo colangelo In argomento è necessario specificare che il Senato, in terza lettura, ha celermente27 troncato sul nascere i timori, da più parti manifestati, in relazione ad una deriva censoria della disciplina28, approvando un te- sto sostanzialmente sovrapponibile all’originario di- segno di legge e, quindi, riferito ai soli minori; è stato altresì espunto il riferimento al bullismo. In tal modo si è inteso privilegiare gli aspetti pre- ventivi, educativi e di recupero caratterizzanti il pri- migenio disegno di legge. La legge sul cyberbulli- smo, mentre si chiude la fase redazionale di questo volume non risulta essere stata ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Anche in ambito locale vanno moltiplicandosi le iniziative per favorire una corretta sensibilizzazione alle problematiche correlate al cyberbullismo. In particolare, il Consiglio della Regione Lazio ha approvato la legge regionale 24 marzo 2016, n. 2, re- cante “Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo”29, ivi inclu- so il cyberbullismo30. 27 L’esame in terza lettura da parte del Senato è durato circa quat- tro mesi, da settembre 2016 a gennaio 2017. 28 Cfr. http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/04/internet-si-leg ge- cyberbullismo-ma-si- chiama-norma-ammazza-web/ 2955438/ 29 Tale legge regionale, pubblicata nel Bollettino Ufficiale del- la Regione Lazio n. 25 del 29 marzo 2016, è consultabile per immediatezza al seguente URL: http://notes.regione.lazio.it/ RegioneLazio/Leggi.nsf/Ricconsiglio/03842BA12080FC9C- C1257F87004BC615 30 Cfr. art. 1, comma 1, laddove si specificano anche le finalità della legge regionale: “tutelare la crescita educativa, sociale e psicolo- gica dei minori, valorizzare il benessere tra pari e prevenire il rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza”. 138 navigazione online e riflessi penali Anche il Consiglio di Regione Lombardia ha inteso affrontare il fenomeno del cyberbullismo in un’ottica sia preventiva che di sostegno per le vittime e di recu- pero per gli autori di atti di bullismo odi cyberbulli- smo, nonché stimolando l’organizzazione di corsi di formazione ad hoc per il personale scolastico e, più in generale, per gli educatori. Il primo passo in tal senso è stata l’approvazione della legge regionale 24 gennaio 2017 n. 142, “Di- sciplina degli interventi regionali in materia di pre- venzione e contrasto al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo”31. Particolarmente rilevante è l’art. 2 di tale legge re- gionale, ove si afferma espressamente che Regione Lombardia “promuove e sostiene interventi per la diffusione della cultura della legalità e del rispetto della dignità personale, nonché interventi per la tute- la dell’integrità psico-fisica dei minori, in particolare nell’ambiente scolastico e nei luoghi di aggregazio- ne giovanile. Promuove e sostiene inoltre interventi finalizzati all’uso consapevole degli strumenti infor- matici e della rete internet”32. Tra i soggetti beneficiari dei finanziamenti e, quin- di, tra gli organizzatori degli interventi sopra indicati, 31 La legge regionale è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (B.U.R.L.) n. 6, supplemento del 10 Feb- braio 2017 ed è integralmente visionabile anche all’URL di seguito indicato: http://normelombardia.consiglio.regione. lombardia.it/NormeLombardia/Accessibile/main.aspx?exp_ c o l l = l r 0 0 2 0 1 7 0 2 0 7 0 0 0 0 1 & v i e w = s h o w d o c & i d d o c = l- r002017020700001&selnode=lr002017020700001. 32 Al comma 2 di tale articolo sono enumerate alcune tipologie di intervento ammesse ai finanziamenti di cui al comma precedente. 139 riccardo colangelo sono espressamente ricomprese anche le istituzioni scolastiche e formative33. Viene altresì costituita la Consulta regionale sul bullismo e sul cyberbullismo che, nell’ambito dei propri compiti istituzionali, si potrà pure avvalere del Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza34. Si noti come ad oggi, anche in ambito regionale, l’attenzione del legislatore si sia posta in modo par- ticolare sui minori e sulle dinamiche che comunque nascono in ambiti scolastici e di aggregazione, aste- nendosi da una aprioristica e non pienamente condi- visibile estensione della nozione di cyberbullismo (e di bullismo)35. 33 Cfr. art. 3, comma 1, lett. b). Gli altri soggetti potenziali benefi- ciari dei finanziamenti sono indicati nelle lettere a)-f ) del mede- simo comma. 34 Cfr. art. 4. 35 Il bullismo “ha sempre caratterizzato essenzialmente le gene- razioni più giovani”: così GIOVANNI ZICCARDI (2016), L’odio on line. Violenza verbale e ossessioni in rete, Milano, Raffaello Cor- tina, p. 205. 140
Authors Alberto Panzarasa
License CC-BY-4.0